Il granaio del mondo mette in crisi il nord Africa. Rischio fertilizzanti per l’Italia

La crisi del grano causata dal conflitto potrebbe destabilizzare il nord Africa, che dall’Ucraina e dalla Russia importa il 90% di prodotti cerealicoli. Se l’Italia invece ne compra soltanto il 4%, il problema per le nostre produzioni è, secondo Coldiretti, l’aumento dei costi dei fertilizzanti e la mancanza di una produzione in Europa degli stessi. Di questo parla Ettore Prandini, presidente della maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, che si dice preoccupato per almeno tre motivi: «Il primo, legato a una dinamica mondiale rispetto alla commercializzazione, essendo la Russia e l’Ucraina i due Paesi che producono più grano al mondo, il 30 per cento della commercializzazione dipende da loro. Fortunatamente non è un prodotto deperibile e può essere stoccato, quindi ci auguriamo che queste difficoltà possano terminare con la fine della guerra. Però diventa sempre più evidente quella che è la centralità del cibo: non a caso uno degli elementi che va evidenziato è il fatto che nella strategia della guerra c’è anche quello della sottrazione al popolo ucraino delle scorte di cereali che venivano immagazzinate a favore della Russia».

Il conflitto che la Russia sta conducendo in Ucraina non colpisce dunque soltanto militari e civili, ma ha come obiettivo anche le campagne di un territorio enorme, considerato il granaio del mondo. Una guerra parallela, che Mosca porta avanti su più fronti, distruggendo le colture cerealicole e danneggiando, con il blocco dei porti del Mar Nero, l’economia di Kiev. Vengono bombardati i depositi di grano e rubati macchinari e attrezzature e fertilizzanti per la loro produzione ed esiste il rischio che vengano utilizzate sostanze chimiche per distruggere i raccolti e rendere il terreno improduttivo anche per il futuro, con danni enormi all’ambiente. «C’è un altro aspetto che deve farci ragionare – rileva Prandini – ed è quello che potrà avvenire sui mercati mondiali: l’Italia importa relativamente poco, circa il 4% di granaglie, ma ci sono Paesi, principalmente quelli del nord Africa, che invece hanno una necessità e che sono storicamente abituati a importare fino al 90% di grano proveniente da Ucraina e Russia e si ritrovano di fronte al blocco delle esportazioni. In questi Paesi temiamo che potranno esserci anche dei disordini di carattere civile, proprio per la mancanza del prodotto. Dovremmo far sì che un’organizzazione globale cerchi di dare una risposta perché non ci sia una sofferenza di questo tipo in queste popolazioni».

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