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Un altro papa dopo Bergoglio sarà uguale?

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Ci sono delle fotografie che raccontano meglio di ogni commento un avvenimento, un’emozione, un sogno. Basti pensare a quella che ritrae il primo astronauta sulla Luna o quella di un ragazzo con una camicia bianca che sfida i carri armati in piazza Tienanmen. E poi c’è un’altra, una che racconta l’angoscia desolante di un momento della nostra storia recente. C’è ancora una piazza, ma questa volta è vuota, frustata da una pioggia che entra nell’anima, e poi c’è un uomo. Anche lui è solo, anche lui vestito di bianco e in quel 27 marzo 2020, prega per un mondo messo in ginocchio da un virus.

Ma chi è stato papa Francesco? Un cardinale «preso dalla fine del mondo», come lui stesso disse affiancandosi al balcone di San Pietro dopo il conclave, o semplicemente il papa degli ultimi, come lo hanno definito con uno stesso titolo, soltanto l’altro ieri, i due quotidiani italiani più venduti. Con la sua morte, non è soltanto terminata una vita, ma si è conclusa un’epoca. L’epoca in cui il successore di Pietro si chiede pubblicamente, con un filo di voce che fa rumore più di un grido, “Chi sono io per giudicare?”.

L’epoca in cui il successore di Pietro decide di essere ultimo con gli ultimi, in un mondo che ama soltanto i primi. L’epoca in cui il successore di Pietro sceglie di vivere con l’umiltà del santo di cui aveva adottato il nome. L’epoca in cui il successore di Pietro cammina tra le favelas, tra i carcerati, tra i migranti. Ma da sempre con la morte di un papa se ne fa un altro. Sarà uguale?

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