Tu non puoi capire – La telefonofobia

A cosa vi fa pensare il suono del telefono che squilla? Una volta, era il preludio a chiacchierate emozionanti con amici o notizie da lontano. Oggi, per molti, è come sentire l’inizio di un thriller: un misto di suspense e un leggero terrore. Avete mai sentito parlare di telefonofobia? Un fenomeno sempre più diffuso tra i giovani, che si traduce in un timore viscerale ogni volta che il telefono vibra, si accende, emette suoni che disturbano la loro esistenza digitale.

Ma perché si sviluppa questa fobia e cosa la provoca? Innanzitutto, le cause vanno ricercate nei cambiamenti delle abitudini comunicative degli ultimi anni. Crescendo con chat, social e messaggi istantanei, molti ragazzi non hanno sviluppato familiarità con le telefonate non programmate, che invece facevano parte della quotidianità per i genitori e nonni. Rispondere al telefono è percepito come un evento ansiogeno, perché privo delle informazioni visive e contestuali fornite da altre forme di comunicazione. Dovete immaginare la scena: il telefono inizia a vibrare, e il povero Millennial o Gen Z lo guarda come se fosse un ordigno pronto a esplodere. «Ma non potevamo semplicemente mandare un WhatsApp o una mail?». Crescono stati d’ansia inaspettati, quasi impossibili per alcuni di noi, vengono messe in campo tutte le tecniche possibili per vincere lo stress. Qualcuno ascolta prima una canzone che usa come se fosse una carica di adrenalina e fiducia, sperando che l’effetto duri per tutta la chiamata. Le conseguenze potrebbero essere nefaste (non scherzo).

Nelle aziende americane, perché il fenomeno sta partendo da lì, i dirigenti (quelli che quasi vengono considerati di vecchia scuola solo perché preferiscono il telefono) vorrebbero che fosse maggiormente utilizzato il dialogo anche con uno smartphone piuttosto che una mail. Molti giovani ignorano le chiamate, anche se sono alla ricerca di un posto di lavoro, come se si sentissero incapaci di gestire il dialogo con la propria voce. Se una chiamata può essere sostituita da un’email o un audio, è lecito proporre alternative. Pertanto le aziende sono costrette a trovare modi alternativi per intercettare i candidati e le candidate sperando poi, che una volta risposto ad un annuncio, rispondano al telefono per fissare l’appuntamento (molte devono usare chat ad hoc).

Ma, come sempre, se qualcosa è un problema per una persona diventa una opportunità per un’altra. È la storia di Mary Jane Copps, la guru delle comunicazioni telefoniche, che può trasformare il più tremante dei millennial in un chiacchierone seriale, tutto per la modica cifra di 3.000 dollari al giorno in caso di intervento in un’azienda con i dipendenti e 195 dollari l’ora per una sessione individuale. Poco più di un iPhone nuovo, giusto? La soluzione, però, potrebbe essere più semplice e meno costosa. Ecco qualche consiglio. Pratica, pratica, pratica: provate a rispondere più spesso al telefono. Magari iniziate con chiamate non minacciose – la nonna sarà felicissima di sentire la vostra voce, garantito! Tecnologia a supporto: usate le cuffie. Liberare le mani può aiutare a sentirsi meno intrappolati e più rilassati. E chi sa, forse vi sentirete come un dj radiofonico piuttosto che come vittime di un interrogatorio. Rideteci su: infine, prendetela con leggerezza. Una chiamata non andata benissimo non è la fine del mondo. Anzi, potrebbe diventare il protagonista del prossimo meme virale che condividerete sui social!

In conclusione, cari giovani ansiosi, la telefonata non è un mostro. Con un po’ di pratica, la giusta attitudine e, perché no, una buona dose di umorismo, potrete trasformare ogni squillo in una nuova avventura. E ricordate, se tutto il resto fallisce, potete sempre mettere il telefono su silenzioso e fingere che non abbiate sentito. Shh, non diremo niente a nessuno!

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