Non sempre è revocabile il consenso nella separazione consensuale

Il Tribunale di Bari, con un provvedimento depositato il 25/07/2022, ha dichiarato inammissibile la revoca del consenso fatta da un coniuge alle condizioni di separazione contenute nel ricorso per separazione consensuale sottoscritto e depositato.

Il decreto di omologa ha così ha disposto: “sussiste il libero consenso delle parti nella determinazione del ricorso per separazione consensuale; deve ritenersi inammissibile la revoca del consenso successiva alla sottoscrizione del ricorso per separazione consensuale; non sono emerse possibilità di riconciliazione; le condizioni concordate non risultano in contrasto con norme imperative di ordine pubblico e non sono contrarie all’interesse dei minori”.

Il Tribunale ha omologato, quindi, la separazione tra le parti alle condizioni concordate, senza tener conto della revoca del consenso operata dal marito in sede di comparizione presidenziale, dopo il deposito del ricorso quindi ma prima della omologa del provvedimento.

E’ un provvedimento particolare che lascia pensare posto che siamo abituati, secondo norme consuetudinarie e prassi giurisprudenziale, alla possibilità di revoca del consenso della separazione fintanto che non intervenga un decreto di omologa.

Revoca del consenso che non richiede nemmeno particolari giustificazioni posto che le parti hanno la possibilità di tale azione prima che intervenga il decreto di omologa.

Si tratta infatti di procedimenti a formazione progressiva nel senso che si definiscono con il decreto di omologa e fino a quel momento la revoca è sempre possibile.

Diversamente, invece, nell’ambito della cessazione degli effetti civili del matrimonio il ricorso a firma congiunta depositato dalle parti non è più revocabile, a nulla valendo una revoca fatta prima che intervenga il provvedimento che recepisca l’accordo.

Sembra che il tribunale per analogia con il divorzio abbia sancito un principio importante ma anche abbastanza preoccupante della inammissibilità della revoca del consenso manifestato dopo la sottoscrizione dell’accordo di separazione e prima del decreto di omologa.

Un precedente come quello del Tribunale di Bari (sia pur leggermente differente) è quello del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (del luglio del 2021) nel quale è stata dichiarata l’inammissibilità della revoca del consenso fatta da uno dei due coniugi dopo la comparizione davanti al Presidente del tribunale e quindi successivamente alla manifestazione del consenso davanti a lui ma prima del decreto di omologa.

Il provvedimento del Tribunale di Bari va aldilà nel senso che dichiara inammissibile la revoca già dopo la sottoscrizione e l’avvenuto deposito in tribunale del ricorso da parte dei legali delle parti.

In alcuni casi pregressi il nostro, come altri Tribunali Italiani, in presenza di revoca del consenso da parte di un coniuge all’udienza presidenziale (ma nell’ambito di procedimenti di separazione giudiziale consensualizzati con il deposito di una convenzione di separazione), hanno non tanto dichiarato inammissibile la revoca del consenso quanto recepito parte degli accordi tra i coniugi, facendoli propri nel provvedimento presidenziale.

Questo in quanto ritenuti consoni, per esempio, in punto di regolamentazione dell’affidamento condiviso, della collocazione della prole e delle modalità di frequentazione e/o in punto di assegno di mantenimento.

Ad avviso della scrivente la possibilità di ripensamento è un qualcosa di molto importante per le parti e quindi vanificare questa possibilità con una dichiarazione di inammissibilità di revoca del consenso nella separazione consensuale è qualcosa di estremamente pericoloso e che non si condivide.

Probabilmente l’orientamento del Tribunale è proprio quello di evidenziare che se non ci sono gravi motivi per una revoca di questo consenso, magari raggiunto anche faticosamente dagli avvocati, è opportuno che questa revoca venga considerata inammissibile.

Ciò anche per uniformare le diverse modalità procedurali con le quali può avvenire la separazione consensuale: a) per il tramite del Tribunale con deposito del ricorso, comparizione Presidenziale ed omologa; b) a mezzo negoziazione assistita con sottoscrizione negli studi dei legali, autorizzazione della procura e trascrizione al Comune.

Nella negoziazione, difatti, l’atto firmato davanti agli avvocati non è più revocabile.

Per cui se l’atto di negoziazione assistita fatto con separazione viene sottoscritto davanti agli avvocati, non possono poi i clienti chiedere ai medesimi, revocando il consenso, di non sottoporre l’atto al procuratore come per legge.

Ciò in quanto gli avvocati hanno l’obbligo entro dieci giorni dalla sottoscrizione di portare l’atto in Procura.

Probabilmente questo orientamento del Tribunale di Bari va nell’ottica di uniformare i diversi riti.

Attenzione quindi alla sottoscrizione di atti di separazione con poca convinzione all’insegna del “tanto posso ripensarci in qualsiasi momento”.

Cinzia Petitti è avvocato e direttore della rivista www.Diritto§Famiglia.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version