Indiano senza fissa dimora ucciso a Bari: «Usato come bersaglio umano». Tre giovani in carcere

Avrebbero sparato «per provare una pistola a salve, modificata» acquistata da poco utilizzando il corpo del 38enne indiano Singh Nardev come «bersaglio umano».

È questa la spiegazione che il procuratore aggiunto di Bari, Ciro Angelillis, ha dato dell’omicidio del clochard ucciso con un colpo di pistola in un casolare abbandonato di Ceglie del Campo la sera del 31 maggio del 2024.

Per l’omicidio, oggi, sono stati arrestati tre giovanissimi, due maggiorenni (uno era minore all’epoca dei fatti) e un minorenne, e altri tre sono indagati a piede libero per aver favorito la fuga degli altri poco dopo l’omicidio.

All’arrestato già maggiorenne all’epoca dei fatti è contestata anche l’aggravante della minorata difesa e dell’aver agito insieme a minorenni.

Le misure cautelari sono state disposte dai gip su richiesta della Procura di Bari e della Procura dei minorenni. Esclusa dai giudici, al momento, l’aggravante della premeditazione.

«Un movente che sconvolge – ha detto ancora Angelillis – hanno ritenuto delle persone equivalenti a degli oggetti». Prima di usare la pistola contro Nardev, infatti, i giovani l’avrebbero provata contro delle bottiglie.

Quella sera, secondo quanto ricostruito dal pm Matteo Soave e dalla Squadra mobile di Bari, i tre sarebbero arrivati davanti al casolare di via Giovanni De Candia e avrebbero attirato l’attenzione di chi si trovava all’interno.

Insieme a Nardev, lì c’erano altre persone senza fissa dimora di nazionalità indiana, pakistana e italiana. Gli occupanti del casolare «hanno sentito un richiamo provenire dall’esterno – ha aggiunto Angelillis – e Nardev è andato a vedere chi fosse insieme a un altro. Dopo aver scambiato qualche frase, uno dei ragazzi ha esploso due colpi di pistola, e uno di questi ha colpito al petto la vittima, che è morta quasi immediatamente».

I giovani erano arrivati lì a piedi e poi, sempre a piedi, hanno raggiunto la piazza di Ceglie del Campo, dove sono andati via insieme agli altri tre. Fondamentali per le indagini, oltre alle immagini delle telecamere di sorveglianza della zona che hanno aiutato a ricostruire i percorsi dei giovani, anche le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, parente di uno dei tre, che ha confermato agli inquirenti l’identità degli aggressori raccontando anche di come questi siano entrati in possesso dell’arma, acquistata da un rivenditore del quartiere Japigia, minorenne, dal quale inizialmente avrebbero voluto comprare una moto. Non convinti dal mezzo, avrebbero quindi deciso di comprare la pistola per 250 euro. L’arma non è stata ancora trovata, il rivenditore è indagato per ricettazione.

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