Sarebbe morto a causa di un’ulcera che non sarebbe stata curata correttamente il 33enne Bangaly Soumaoro, migrante originario della Guinea ospite del Cara di Bari e deceduto nell’ospedale San Paolo del capoluogo pugliese il 4 novembre scorso.
È questa l’ipotesi della Procura di Bari a seguito dell’autopsia che avrebbe escluso che l’uomo, come era stato ipotizzato, avesse ingerito pile o oggetti metallici.
Soumaoro era ospite nel Cara di Bari insieme alla compagna e, nei due giorni precedenti al decesso, si era più volte rivolto al presidio sanitario del centro lamentando forti dolori intestinali.
Solo il 4 novembre fu chiamato il 118 e i sanitari decisero di trasportarlo in ospedale. L’autopsia è stata eseguita dal professor Francesco Introna, direttore dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari.
Per la morte dell’uomo in nove, tra medici e infermieri che lo hanno avuto in cura al Cara e al San Paolo, sono indagati per omicidio colposo.
L’uomo, secondo quanto raccontato da altri migranti, per giorni sarebbe stato curato solo con la tachipirina. La notizia della sua morte scatenò una rivolta dei migranti del centro, che ritenevano non avesse avuto cure adeguate. La protesta durò dalla notte del 4 fino al pomeriggio del 5 novembre e sfociò in un corteo partito dal Cara e arrivato alla prefettura di Bari.
Per ore, migranti e membri di associazioni del territorio rimasero all’esterno del Palazzo di governo chiedendo tra le altre cose, oltre a cure più adeguate, anche alloggi migliori e una maggiore libertà di entrata e uscita dal centro.
Le denunce riguardavano presunti «maltrattamenti» avvenuti nella struttura (secondo quanto riportato da Solidaria e sportello di autodifesa sindacale), «condizioni di vita disumane» e la circostanza che gli ospiti dormano «nei container». Una delegazione di migranti fu poi ricevuta dal Prefetto Francesco Russo.