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Sedici anni dai reati. Il tribunale: “Prescritti”. il riciclaggio contestato a nove persone

Sedici anni. Di carte, numeri, reati. “Solo” otto anni dagli arresti. Tanti di attesa per chi è finito sotto processo e aspettava di essere giudicato: colpevole o innocente, nel caso finalmente libero. Sedici anni di un’inchiesta che ieri, di fronte a un tribunale costernato, ha dichiarato l’impotenza della prescrizione. Accade a Bari, dove una clamorosa…
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Sedici anni. Di carte, numeri, reati. “Solo” otto anni dagli arresti. Tanti di attesa per chi è finito sotto processo e aspettava di essere giudicato: colpevole o innocente, nel caso finalmente libero. Sedici anni di un’inchiesta che ieri, di fronte a un tribunale costernato, ha dichiarato l’impotenza della prescrizione.

Accade a Bari, dove una clamorosa vicenda si scioglie con il tempo trascorso. Era quella in cui a giugno 2014 fu arrestato l’imprenditore di Noci, Francesco Ritella, con l’accusa di riciclaggio e bancarotta fraudolenta, al termine di un’indagine sul fallimento della società Ilcam (Industria Lavorazione Carni Meridionale spa), società in liquidazione dal 18 ottobre 2006 (data in cui si contestano i reati).
Nella stessa ordinanza di custodia cautelare era stato anche disposto il sequestro preventivo delle quote sociali della Court Estate srl per 4 milioni 177 mila euro e di altri 8 milioni 600 mila euro, patrimonio mobiliare ed immobiliare nella disponibilità di Giovanni Sicolo (ex dipendente della Banca popolare di Bari), Daniele Cardilli, Silvio Sisto, Giuseppe Di Fede, Leonardo Loparco, Angelo Rocco Colonna, Antonio Ricci, Vincenzo Ritella, Giovanni Ritella e C.D.I. srl, con conseguente nomina di un amministratore giudiziario.
La Procura contestava “la preordinata attività di spoliazione del patrimonio aziendale di Ilcam, eseguita a partire dall’anno 2002 e protrattasi ininterrottamente almeno fino al 2006, mediante numerosi e sistematici prelievi di denaro dai conti correnti – in contante o con assegni bancari, ammontanti complessivamente a 25.174 euro – non giustificati da alcuna causale economico-commerciale, che costituiscono condotte di trafugamento e/o diminuzione fraudolenta dell’attivo”.
Secondo la ricostruzione accusatoria, “i consistenti flussi di denaro sarebbero state conferite in massima parte alla Kentron, società con sede in Putignano gestita da Ritella, attraverso la controllante/socio unico Court Estate, società costituita nel 2002. Di qui l’accusa di riciclaggio, prescritta nei giorni scorsi e connessa a quella di bancarotta fraudolenta (reato non ancora prescritto) anche nei confronti del funzionario di banca Filippo Ambruosi”. Fu un’inchiesta che sollevò molto clamore, collocandosi in un periodo in cui la procura di Bari poneva molta attenzione alla gestione delle cliniche private in convenzione con la Regione.
Giovanni e Vincenzo Ritella, Silvio Sisto, Daniele Cardilli, Giovanni Sicolo, Giuseppe Di Fede, Leonardo Loparco, Gaetano Tripoli e Giuseppe D’Onghia, tutti accusati di riciclaggio, da allora hanno partecipato in qualità di imputati a tutte le fasi del procedimento giudiziario: il 30 marzo 2015 sono stati rinviati a giudizio dal gup del tribunale di Bari.
Il processo però, lungo il percorso si è arenato in più punti, due dei quali messi nero su bianco dai giudici della seconda sezione penale: «Nel corso del dibattimento – scrivono nella sentenza che dispone il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione – risultano intervenute le sole due seguenti cause di sospensione: la prima per una durata di 3 mesi e 10 giorni in base al decreto legge 73/2018 (ndr, per interventi di edilizia giudiziaria), la seconda per una durata di 5 mesi e 17 giorni, a seguito dell’adesione dei difensori all’astensione dalle udienze indetta dall’Unione camere penali italiane, per un totale complessivo di 8 mesi e 27 giorni».
Soli nove mesi su sette anni dall’avvio del processo, che evidentemente non possono rappresentare l’unica causa.

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