Virus Marburg, cos’è e sintomi: perché se ne riparla

(Adnkronos) – Per la prima volta in Ghana sono stati rilevati due casi di febbre emorragica da virus Marburg, come comunicato ieri dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). I sintomi di questa febbre emorragica iniziano improvvisamente, con febbre alta, forte mal di testa e malessere. Molti pazienti sviluppano gravi segni emorragici entro sette giorni, secondo quanto riporta l’Oms.  

Cosa sta succedendo nel mondo con tutti questi virus? “Semplicemente oggi abbiamo allargato l’occhio di bue sulle malattie infettive. Non è che adesso vediamo patologie che prima non c’erano. E’ solo che oggi dopo la pandemia c’è un maggiore interesse verso queste patologie, che non c’era prima” dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova che spiega all’Adnkronos Salute: “Il virus di Marburg lo conosciamo benissimo, come la febbre di Lassa e l’Ebola. Sono virus emorragici che ci sono sempre stati”. 

“Noi infettivologi abbiamo sempre ricevuto durante le estati e gli inverni report di casi che riguardano questo tipo di virus. Lo stesso per il vaiolo delle scimmie anche in passato. Solo che oggi abbiamo dei riflettori maggiormente accesi sulle malattie infettive”, conclude Bassetti.  

I due casi di febbre emorragica da virus Marburg rilevati in Ghana, per la prima volta in questo Paese, “sono probabilmente persone che si sono infettate e hanno riportato l’infezione a casa. Non è frequentissimo, poiché il virus di Marburg è un virus piuttosto raro e ha un indice di trasmissione bassissimo. Capita a volte. Ma l’impatto sarà limitato” dice all’Adnkronos Salute il virologo Andrea Crisanti.  

Il direttore del Dipartimento di medicina molecolare spiega che questo impatto limitato è legato alle caratteristiche del virus. “Il Marburg – illustra inoltre – ha una letalità del 30-35%. Ebola pure aveva una letalità del 40% circa ed è un virus che ha un indice di trasmissione bassissimo. Non dà grossi problemi epidemiologici”. Come spiegato ieri dall’Organizzazione mondiale della sanità, il virus di Marburg viene trasmesso alle persone dai pipistrelli della frutta e si diffonde tra gli esseri umani attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei di persone, o da superfici e materiali infetti.  

I tassi di mortalità dei casi sono variati dal 24% all’88% nei focolai passati, a seconda del ceppo del virus e della gestione dei casi. Sebbene non ci siano vaccini o trattamenti antivirali approvati per il trattamento del virus, le cure di supporto – la reidratazione con fluidi orali o endovenosi – e il trattamento di sintomi specifici migliorano la sopravvivenza. Una gamma di potenziali trattamenti, inclusi emoderivati, terapie immunitarie e terapie farmacologiche sono in corso di valutazione. Oggi c’è sicuramente un’attenzione maggiore sui virus, ammette Crisanti, che fa anche un esempio: “Parlando per esempio del vaiolo delle scimmie, oggi sotto i riflettori, nel 2006 c’è stata un’epidemia in America e non ne ha parlato nessuno, anche se non era così estesa come quella attuale”, conclude. 

“I primi casi di Marburg in Ghana Oggi c’è una maggiore attenzione a tanti episodi e focolai che in passato non arrivavano agli onori della cronaca – osserva all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’università degli Studi di Milano – Invece, come è stato gestito anche il vaiolo delle scimmie, cioè in modo meno allarmistico” di Covid “ma di segnalazione di responsabilità, è opportuno ricordare che si verificano questi focolai. Ce n’erano anche stati altri. Tutto ciò ci porta a evidenziare l’importanza di un’attenzione e prevenzione continua” rispetto a questi virus.  

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