Vaiolo delle scimmie e contagi: cosa dicono Pregliasco, Bassetti, Crisanti

(Adnkronos) – I casi di vaiolo delle scimmie aumenteranno. Una prospettiva su cui concordano tutti gli esperti di casa nostra anche se non c’è nessun allarme per il momento, assicurano i virologi, anche perché non si tratta di una malattia grave ma più di uno insiste sulla necessità di agire subito tracciando i contagi e i loro contatti e intervenendo anche con quarantena e vaccinazione.  

Pregliasco 

“Sul vaiolo delle scimmie sicuramente stiamo vedendo la punta dell’iceberg. In questo momento è fondamentale, senza allarmismi, parlarne e riuscire a circoscrivere l’incendio finché è piccolo”. Se lo faremo, “credo che nell’arco di un mese o 2 in Italia potremmo avere un centinaio, massimo qualche centinaio di casi”. Se invece non ne saremo capaci, “nello scenario peggiore i casi potrebbero arrivare a qualche migliaio”, avverte il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano, rinnovando l’invito ad “agire ora. L’incendio va spento adesso mentre ancora è limitato”, ribadisce all’Adnkronos Salute. Nell’ultimo aggiornamento sui focolai di Monkeypox virus, l’Organizzazione mondiale della sanità ha riportato 257 casi confermati e circa 120 sospetti in 23 Paesi. Contati atipici, in nazioni in cui l’infezione non è endemica, che l’Oms considera l’inizio di una diffusione destinata ad aumentare. Il direttore dell’Irccs Galeazzi concorda: “Bisogna far sì che ci possa essere un tracciamento efficace, un’individuazione dei casi sospetti e dei contatti stretti”, dice Pregliasco. Contatti per i quali, ripete, “sarebbe opportuno predisporre una quarantena di 21 giorni”. Dopo la lezione Covid, “confido nella capacità organizzativa del Paese per tamponare i casi. E’ chiaro – precisa l’esperto – che moltissimo dipende anche dalla responsabilità dei singoli, in termini di comportamenti e di segnalazione di eventuali sintomi dell’infezione”.  

Bassetti 

“I numeri del vaiolo delle scimmie stanno diventano importanti. Se mettiamo insieme i casi confermati con i sospetti, sono 400 in poche settimane in 25 Paesi del mondo. La diffusione del contagio è ormai globale. In pratica tutti i Paesi evoluti dal punto di vista sanitario hanno riportato dei casi e chi ancora non l’ha fatto lo farà a breve”, afferma all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. “I contagi iniziano a essere significativi e il fenomeno – ammonisce Bassetti – è destinato a crescere ancora, perché il tempo di incubazione di questa infezione arriva a 3 settimane e poi ci saranno i contagi da contatto. Complessivamente si sta agendo bene, il livello di allerta si è alzato e anche i cittadini si fanno vedere dai medici in caso di strani rush cutanei. “E’ importante l’isolamento fiduciario per quanto riguarda i contatti, non stiamo parlando di fare la quarantena obbligatoria come con il Covid, ma di non avere rapporti stretti con altre persone – precisa l’esperto – Poi un passaggio potrebbe essere quello della vaccinazione dei contatti e pensare alla vaccinazione, visto che le dosi ci sono, di alcune categorie, che si potrebbe fare nelle prossime settimane. Complessivamente – osserva Bassetti – la gestione del fenomeno, anche per quello che abbiamo imparato con il Covid, è avvenuta in maniera attenta”.  

Crisanti  

Insiste su “quarantena” per i contatti stretti di chi ha il vaiolo delle scimmie “e vaccinazione ad anello”, cioè quella strategia che parte dal coprire chi ha più probabilità di essere infettato da un virus, Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova. L’Organizzazione mondiale della sanità non ha consigliato al momento queste due azioni, e ha precisato che i contatti dei casi si devono monitorare per 21 giorni (periodo massimo di incubazione del virus), potendo però continuare le loro attività quotidiane di routine. “Ma, alla luce di tutto quello che abbiamo subito con Sars-CoV-2, a mio avviso un piccolo eccesso di prudenza non guasta”, sottolinea Crisanti all’Adnkronos Salute. “Io farei la quarantena dei contatti”, spiega: “Si tratterebbe di una decina, 14 giorni. E poi vaccinazione: sicuramente i contatti dei casi li vaccinerei tutti”, afferma il virologo che, invece, “non” riterrebbe “necessario in questa fase vaccinare personale sanitario e di laboratorio”. 

“La prima domanda da porsi è perché avviene questa diffusione di vaiolo delle scimmie adesso e in queste dimensioni, quando questa è una malattia che in qualche modo è conosciuta da tantissimo tempo: ci sono stati già episodi di diffusione del vaiolo delle scimmie in passato anche in America, e poi in Africa è una malattia abbastanza comune. Riguardo a questa domanda, una possibilità potrebbe essere che si è raggiunto un punto critico nel rapporto tra suscettibili e resistenti al virus”. Per l’esperto, questo focolaio che si sta rilevando in più Paesi in simultanea, a più latitudini, con numeri che crescono e sono previsti in aumento, “potrebbe benissimo essere dovuto al fatto che si è raggiunto un rapporto critico tra vaccinati e non vaccinati, che di fatto ne favorisce la trasmissione in alcune situazioni”, spiega. “I vaccinati contro il vaiolo sono resistenti, sono coperti contro Monkeypox virus – sottolinea -. E’ come se ci fosse di fatto un’immunità di gregge: siccome questo virus ha un indice di trasmissione bassissimo, basta anche una percentuale relativamente bassa di persone protette per bloccare la trasmissione. Però chiaramente più passa il tempo e più il rapporto tra vaccinati e non vaccinati diminuisce”, aumentando le generazioni non protette (non si vaccina più contro il vaiolo da inizio anni ’80). “Questa è la cosa più probabile a mio avviso”, ragiona Crisanti.  

Gismondo 

“I casi di vaiolo delle scimmie probabilmente aumenteranno perché purtroppo, malgrado il contact tracing per la ricerca dei contatti stretti delle persone contagiate, alcuni possono sfuggire e continuare a infettare”. E benché sia opportuno “ribadire che si tratta di una malattia non grave”, il Monkeypox è un virus che “sicuramente bisogna arginare, contenere nel tempo più breve possibile, come è giusto fare per qualsiasi malattia infettiva”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, dove è stato isolato il patogeno responsabile dell’epidemia in corso in Europa. 

Nell’ultimo aggiornamento sui focolai di vaiolo delle scimmie, l’Organizzazione mondiale della sanità ha riportato 257 casi confermati e circa 120 sospetti in 23 Paesi. Contatti atipici, registrati in nazioni in cui l’infezione non è endemica, che l’Oms considera l’inizio di una diffusione destinata a crescere. Secondo Gismondo, “la cosa importante è dare il giusto significato all’aumento possibile dei casi”. Un incremento probabile, appunto, ma che “non deve destare un allarme particolare”, considerate le caratteristiche autolimitanti della malattia. “Bisogna informare, informare, informare sulle modalità di trasmissione – esorta l’esperta – e ovviamente stare all’erta per cercare di intercettare tutti i contatti che possono essere a rischio”.  

Signorelli 

Le vie di trasmissione” del vaiolo delle scimmie “che si sono viste fuori dall’animale”, in questi casi che si stanno registrando in più Paesi d’Europa e del mondo, “sono proprio situazioni di vicinanza stretta. Questo sembra il quadro e non richiede” l’applicazione di misure di quarantena ai contatti” di chi si è infettato. “La quarantena la attui in un caso come è Covid-19, dove c’è la possibilità di disseminare l’infezione. In questa situazione invece non avrebbe senso” per Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Come non avrebbe nessun senso in questo momento – evidenzia all’Adnkronos Salute – una vaccinazione di massa”. Ad oggi, puntualizza, “non sembra necessaria neanche per gruppi target” come operatori sanitari,
personale di laboratorio, “perlomeno in Europa”.  

Lopalco 

L’aumento dei casi segnalati di vaiolo delle scimmie “è molto probabile. Ma questo non vuol dire che dobbiamo preoccuparci. Si tratta di una malattia poco grave, che passa senza alcun intervento medico e quindi molto probabilmente, se non ci fosse stata l’allerta internazionale, l’evento sarebbe passato del tutto inosservato”, spiega all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento. “Nel momento in cui si dirama l’allerta – sottolinea – tutti i casi che sarebbero passati inosservati vengono invece diagnosticati e segnalati. Da qui l’aumento prevedibile delle segnalazioni”. 

 

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