Ue, Michel e von der Leyen separati in casa. Metsola offuscata da Qatargate

(Adnkronos) – L’anno che si sta per chiudere è stato complicato per i vertici delle tre principali istituzioni dell’Unione europea. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, quello del Consiglio europeo Charles Michel e quella del Parlamento, Roberta Metsola, dopo la pandemia di Covid-19 che ha chiuso in casa gli europei, con vari stop and go, per quasi due anni, hanno dovuto affrontare l’aggressione della Russia all’Ucraina, che ha cambiato le coordinate geopolitiche nel Vecchio Continente. Ha anche ridato un senso ideale alle democrazie liberali, dopo l’ubriacatura neoliberista seguita alla caduta del comunismo, in cui l’Occidente ha peccato di arroganza, secondo l’Economist.  

La lezione che arriva dall’Ucraina, scrive il settimanale londinese, è che l’Occidente è anche libertà, una cosa per cui, come insegnano gli ucraini, può valere la pena morire. E l’appoggio a Kiev, dato subito senza riserve malgrado le esitazioni iniziali di alcuni grandi Stati membri, ha dato nuovo smalto e una missione ideale ai leader dell’Ue, in particolare a Roberta Metsola, che è stata la prima a recarsi in visita da Volodymyr Zelensky, poi seguita dagli altri due (separatamente).  

Ora la politica maltese, astro nascente del Ppe, deve gestire una grossa grana, l’inchiesta del giudice Michel Claise per sospetta corruzione ad opera di Stati extra Ue per condizionare i processi decisionali, che ha già portato in carcere una vicepresidente del Parlamento, la greca Eva Kaili, subito espulsa dal Pasok e destituita dalla vicepresidenza a tempo di record, con un voto quasi unanime. I sacchi di denaro contante sequestrati in casa della ex giornalista televisiva e al padre, sorpreso in fuga con un trolley pieno di banconote, hanno fatto premio sulla presunzione di innocenza, nella consapevolezza che il danno di immagine per l’Aula che avrebbe provocato una difesa a oltranza della vicepresidente sarebbe stato enorme, se non esiziale. 

Metsola ha agito con decisione, ma è inevitabile che lo scandalo provocato dall’indagine, con il sequestro di contanti per circa 1,5 mln di euro, con tanto di foto dei mazzi di banconote, ne offuschi temporaneamente l’immagine. Inevitabile anche lo sberleffo del primo ministro ungherese Viktor Orban, che il Parlamento Europeo da anni e anni biasima per la corruzione che c’è nel suo Paese: la soluzione allo scandalo, ha detto il leader di Fidesz, è abolire l’Aula di Strasburgo, sostituendola con delegati dei Parlamenti nazionali. Metsola, che ha detto di provare “rabbia e furia” per la bufera giudiziaria scoppiato nella sua Aula e dintorni, ha dovuto incassare. Ma alle prossime europee manca ancora un anno e mezzo: ha tempo per recuperare, se farà pulizia.  

Anche perché dall’altra parte ci sono von der Leyen e Michel, oramai ufficialmente separati in casa, sui due lati di Rue de la Loi. Anche se pare che Henry Kissinger non abbia mai detto la famosa frase sul problema dell’Ue con i numeri di telefono, il dualismo tra il presidente della Commissione e quello del Consiglio Europeo in questa legislatura si è fatto molto più evidente. Il primo dicembre scorso Michel ha incontrato, da solo, il presidente cinese e segretario del Pcc Xi Jinping, non proprio una visita secondaria, mentre von der Leyen si recava in Irlanda per incontrare il Taoiseach, il primo ministro irlandese Michéal Martin.  

Tanto è bastato per rinfocolare la saga dei due presidenti in perenne concorrenza tra loro. Una narrativa che ha qualche fondamento, se la vice portavoce capo della Commissione ha avuto cura di confermare on the record che l’esecutivo comunitario non ha avuto alcun “coinvolgimento” o “scambio” con l’Europa Buildiing sull’organizzazione della visita di Michel in Cina. Come dire, neanche ci hanno chiesto se volevamo andare. 

Così la notizia è diventata non più solo il primo incontro di persona tra i vertici di Ue e Cina dall’inizio della pandemia di Covid-19, ma anche la persistente concorrenza tra i due presidenti dell’Unione. Una competizione, quella tra l’ex premier belga e l’ex ministra tedesca, che continua dal ‘sofagate’, l’incidente diplomatico avvenuto nell’aprile 2021 durante una visita dei due ad Ankara, dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Quell’episodio, con von der Leyen relegata sul divano mentre Erdogan e Michel conversavano accomodati su due poltrone, ha mostrato a tutti che i rapporti tra i due presidenti non erano eccellenti, anche se fonti Ue sostengono che i due hanno “buone relazioni di lavoro”.   

In realtà, quell’incidente in Turchia è stato causato, come ha spiegato il giornalista di Libération Jean Quatremer sul suo blog, Coulisses de Bruxelles, da un errore di von der Leyen, che non aveva inviato sul posto il suo capo del protocollo. C’era un motivo preciso per cui l’allora responsabile del protocollo della Commissione, il nobile ed ‘enarque’ francese Nicolas de la Granville, attuale ambasciatore Ue in Norvegia, non era stato mandato ad Ankara.  

In piena pandemia di Covid-19 aveva fatto un errore fatale, ha ricostruito Quatremer: in occasione di una visita ufficiale alla Commissione, l’ospite era stato fatto salire in ascensore con la presidente e con il capo del protocollo, come prevedevano le norme Covid. Il capo di gabinetto della presidente, Bjorn Seibert, era stato lasciato fuori dall’ascensore, per ragioni sanitarie. Ma lui voleva salire, insieme ad una collaboratrice. Furioso, avrebbe ottenuto dalla presidente la testa del capo del protocollo, opportunamente nominato poi da Josep Borrell rappresentante dell’Ue a Oslo.  

Per questo motivo, se la storia narrata da Quatremer è vera (e non c’è motivo di dubitarne: non è stata smentita), la Commissione non aveva mandato nessuno in Turchia a prendersi cura dei dettagli pratici della visita. Ma in politica internazionale il protocollo è importante e Michel, che è stato premier a differenza di von der Leyen, lo sa bene, tant’è che lui il capo del protocollo lo aveva mandato in avanscoperta eccome, Covid o non Covid. Tuttavia la politica tedesca, sfruttando con notevole abilità l’errore fatto da Michel che si era seduto di fianco a Erdogan, lasciandola in disparte sul divano, è riuscita a trarre un non trascurabile vantaggio di immagine da quell’incidente, figurando come la vittima di un atto sessista voluto da Erdogan, cui Michel ha avuto il torto di non opporsi. “Mi sono sentita ferita e sola, come donna e come europea”, ha detto poi in Parlamento. 

Da allora la narrativa della saga dei due presidenti è un topos narrativo consolidato di questa legislatura. La visita di Michel a Pechino del primo dicembre, coronata da un bilaterale con Xi durato ben tre ore e con tanto di conferenza stampa trasmessa in streaming, è un altro capitolo di questo feuilleton. Tanto più che, come ha confermato una fonte Ue all’Adnkronos, il gabinetto di Michel “non ha fatto” alcun tentativo di organizzare una visita congiunta con von der Leyen a Pechino, che forse avrebbe avuto un maggiore impatto di una missione solitaria del presidente del Consiglio Europeo. Tuttavia la stessa fonte rimarca che “non sta scritto da nessuna parte nei trattati che i due presidenti debbano viaggiare sempre insieme”. 

In effetti, l’articolo 15 del Trattato Ue stabilisce che il presidente del Consiglio Europeo “assicura, al suo livello, la rappresentanza esterna dell’Unione su questioni riguardanti la sua politica estera e di sicurezza comune, senza pregiudizio ai poteri dell’Alto Rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri”. Per la cronaca l’Alto Rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, in quel primo dicembre si trovava a Lodz, in Polonia, per la ministeriale dell’Osce. La presidente della Commissione, dal canto suo, “rappresenta la Commissione negli incontri del Consiglio Europeo, nei summit del G7 e del G20, nei summit con Paesi non Ue e nei principali dibattiti nel Parlamento Europeo e nel Consiglio Ue”. 

Quindi, a norma di trattato, von der Leyen deve essere presente nei summit Ue-Cina, ma non per forza in un incontro bilaterale tra Michel e Xi, qual è stato quello del primo dicembre. Ma una cosa sono i trattati un’altra è la prassi: altrimenti non si capisce per quale motivo von der Leyen sia andata ad Ankara nell’aprile del 2021, se non per il fatto che la Turchia è un importantissimo partner dell’Ue. Ed è difficile sostenere che la Cina non sia un partner di primaria rilevanza per l’Unione.  

Nell’Ue ci sono diverse istituzioni, ha spiegato la portavoce Dana Spinant, “e ognuna ha un ruolo e un mandato molto specifici. A volte incontriamo insieme dignitari o leader stranieri, a volte li incontriamo separatamente, viaggiamo separatamente o li riceviamo a Bruxelles separatamente, a seconda di molte cose, tra le quali ovviamente ciò che è all’ordine del giorno e ciò che intendiamo discutere. E’ per questo che a volte viaggiamo da soli, a volte no”. In tutto questo, sono stati in parte oscurati, almeno sul piano mediatico, i contenuti del colloquio tra Michel e Xi, che pure sono rilevanti: il presidente del Consiglio Europeo ha riferito di aver discusso con il leader cinese sia della crisi ucraina che della situazione in Cina della pandemia di Covid-19, ribadendo che le compagnie Ue sono pronte a fornire vaccini a Pechino, sempre che le autorità cinesi li approvino.  

La politica estera è hard power ed è dominio degli Stati membri, non dell’Unione che è il regno del soft power. Ma il fatto che i trattati assegnino un ruolo anche ai presidenti Ue in questo campo fornisce ai politici che ricoprono quelle cariche occasioni di elevata visibilità. Così la saga dei due presidenti sembra destinata a continuare. Ma a Bruxelles c’è chi ritiene che i due ‘litiganti’ farebbero bene a non sottovalutare la terza, Metsola, che è giovane, donna, del Ppe e molto brava con i media. La politica maltese li ‘bruciò’ entrambi, andando per prima di persona nell’Ucraina bombardata dai russi, annunciando la visita con un tweet lapidario, il primo aprile scorso: “On my way to Kiev”. Qatargate permettendo, la legislatura finisce nel 2024, che non è poi così lontano, e gli equilibri in Parlamento si stanno evolvendo rapidamente. Stay tuned, per citare un ex portavoce capo assai capace.  

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