Ucraina, vice presidente Camera commercio nazionale: “Allarme sale? Fa parte guerra ibrida Russia”

(Adnkronos) – La chiusura di Artemsil, il più grande impianto per la produzione di sale industriale e per uso da tavola dell’Europa centrale e dell’est situato a Soledar, nella regione Donetsk ed il conseguente allarme in Ucraina sul fronte sale “fanno parte della guerra ibrida che la Federazione russa ha lanciato contro il nostro Paese. Nel tentativo di installare ansia e fare aggiotaggio fra il popolo”, spinto a fare incetta in questo caso di sale soprattutto in vista dell’estate, periodo tradizionale di conservazione degli ortaggi in modalità fai da te, come si usa tra le comunità rurali ucraine. Ne parla con l’Adnkronos Mykhailo Nepran, primo vice presidente della Camera di commercio nazionale dell’Ucraina che spiega: “Se è vero che si è fermata quella produzione di sale che soddisfaceva il bisogno del 92% del fabbisogno del popolo ucraino a basso prezzo, è anche certo che senza l’isteria dei media nessuno se ne sarebbe accorto. Le famiglie hanno scorte di sale, Artemsil non è l’unica fabbrica ucraina che lo produce e ciò che manca è recuperabile attraverso le importazioni, già in atto”. Il problema ingenerato dalla chiusura di Artemsil in Ucraina e all’estero è la perdita di garanzia del basso prezzo: “non mancherà il sale (come invece potrebbe accadere in alcuni paesi per il grano), ma semplicemente sarà più costoso”. 

Siti di produzione di sale in Ucraina ce ne sono anche a “Drohobych, nella regione di Leopoli ed a Solotvyno, in Transcarpazia. Anche ad Odessa si produceva sale, l’impianto è stato chiuso negli anni ’30, ma potrebbe essere riavviato”, racconta il dirigente della Camera nazionale del Commercio. Fa riflettere che “già pochi giorni dopo l’inizio dell’aggressione militare serpeggiavano voci su presunti problemi di approvigionamento di generi alimentari, che avrebbero interessato tra l’altro zone non direttamente coinvolte nella guerra. Il punto è – ribadisce – che è in corso una guerra ibrida intesa per colpire oltre ad obiettivi militari, anche economici ed informatici. Non per nulla un’azienda di stato come Artemsil è stata costretta a chiudere. Non tanto per le miniere, che non sono state danneggiate, quanto perché era ingestibile la logistica. I magazzini di Artemsil sono infatti carichi di scorte di sale, che è impossibile trasportare perché la ditta si trova in una cosidetta zona grigia, dove a distanza di 50-70 km ci sono battaglie”.  

Nepran riferisce che l’Ucraina riesce a garantire a se stessa tutti i generi alimentari necessari, perché “produce il 70% del bisogno della Nazione”. Ma la percezione è stata inversa: “si è creato il panico, non ci sarebbe stato più pane, olio, verdure…e sale. Così i supermercati oggi vendono in un giorno il sale che prima si esauriva in due settimane nonostante l’Ucraina abbia già comprato 200 tonnellate di sale dalla Polonia e dalla Romania, ed altri quantitativi di sale italiano che tra poco saranno immessi nel mercato attraverso la catena Auchan”. E i prezzi? “Prima della guerra erano più bassi – risponde – Un chilo di sale costava circa 30 centesimi, oggi il prezzo oscilla tra i 50 centesimi e i 5 euro a seconda del produttore. Dipende dal fatto che sul mercato, con la chiusura di Artemsil prevalgono i prodotti più costosi, sale più pregiato, più chiaro. Ma sono certo che con l’incremento delle importazioni, i prezzi riscenderanno”.  

I rappresentanti del comparto panifici industriali, latticini, lavorazione della carne “mi hanno assicurato venerdì scorso di avere scorte di sale e di essere in grado di garantire la produzione”. “Addirittura – aggiunge – la quantità di produzione di latte è rimasta analoga a quella precedente la guerra, nonostante la popolazione sia diminuita”. Grano e sale, si può fare un parallelo? “No, rispondono a due quadri completamente diversi – conclude il vice presidente della Camera di commercio nazionale – Per il grano c’è il problema dell’approvigionamento dell’Africa e del Medio Oriente, dipendenti dalla produzione ucraina ferma nei porti. Per il sale la storia è un’altra: Noi lo esportiamo in 15 paesi. Ma nel mondo non manca e non mancherà. Sarà semplicemente più costoso, mancherà il prezzo più basso”. (di Roberta Lanzara) 

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