(Adnkronos) – Poche settimane dopo il suo drammatico nuovo insediamento, segnato dall’assalto ai palazzi del potere di Brasilia da parte dei sostenitori dello sconfitto Yair Bolsonaro, Luiz Inácio Lula da Silva era volato a Washington. E insieme a Joe Biden, che aveva vissuto lo stesso trauma con l’assalto al Congresso pochi giorni prima la sua inaugurazione nel 2021, aveva promesso di “lavorare insieme per rafforzare le istituzioni democratiche e continuare a rifiutare l’estremismo e la violenza in politica”.
Sembrava l’inizio di una solida cooperazione tra i due presidenti progressisti, a contrastare il sodalizio ideologico di estrema destra tra Donald Trump e Bolsonaro, ma invece nel giro di pochi mesi è apparsa sempre più pronunciata la distanza tra Brasilia e Washington, e non solo sul fronte della guerra in Ucraina
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Lula, che ha disertato il secondo summit virtuale per la democrazia di Biden e non si è unito alla dichiarazione per condannare l’invasione dell’Ucraina, invece la scorsa settimana ha fatto un’importante missione in Cina da dove ha esortato Stati Uniti ed Europa a “smettere di incoraggiare la guerra” ed “iniziare a parlare di pace”. Parole e toni che hanno fatto sensibilmente aumentare il nervosismo degli Usa.
Secca la replica del portavoce del portavoce per il consiglio di Sicurezza della Casa Bianca, John Kirby: “Il Brasile ha affrontato, in modo formale e sostanziale, la questione suggerendo che Stati Uniti ed Europa siano in qualche modo non interessati alla pace o che noi condividiamo la responsabilità della guerra: in questo caso, il Brasile ripete a pappagallo la propaganda russa e cinese senza guardare ai fatti”.
Alla missione cinese di Lula ha fatto seguito, nei giorni scorsi quella di Sergei Lavrov a Brasilia, nell’ambito di un tour in America Latina del capo della diplomazia russa entusiasta, ovviamente, della posizione di Lula. “Per quanto riguarda l’Ucraina, siamo grati ai nostri amici brasiliani per l’eccellente comprensione della genesi della situazione”, ha detto lodando gli sforzi del presidente brasiliano per “un club per la pace”.
La sfida di Lula a Washington non è incentrata solo sull’Ucraina, dal momento che il presidente – che durante i suoi precedenti mandati tra il 2003 e il 2010 è stato tra i fondatori del gruppo Brics che riunisce le economie, Brasile, Russia, Cina e Sudafrica, alternative all’Occidente – durante la sua visita in Cina ha sottolineato la necessità che il blocco si adoperi per sottrarre il mondo dalla dipendenza dal dollaro Usa.
Spingendo al massimo sull’acceleratore della tradizionale politica estera di Paese non allineato, Lula e il suo team non nascondono di voler ridisegnare l’architettura dell’attuale politica globale, diminuendo il dominio dell’Occidente. “Il Brasile vuole riformare la governance globale, e ne vorremmo una che non assomigliasse all’attuale consiglio di Sicurezza”, ha spiegato in un’intervista al Post Celso Amorim, uno dei principali consiglieri di Lula.
Tutto questo “modellando una rilevanza per il Brasile”, sottolinea un’analista dell’Atlantic Council, spiegando che questo comporta un certo equilibrismo da parte di Lula: “Il Brasile continuerà il suo tradizionale approccio non allineato e non interventista in politica estera, cercando di continuare strette relazioni diplomatiche con i partner strategici, che comprendono sia gli Stati Uniti che la Cina”.