Susanna Tamaro: “Mai detto di odiare Verga”

(Adnkronos) – Susanna Tamaro prende ‘carta e penna’ e risponde sulla sua pagina Facebook alle critiche che le sono piovute addosso dopo che, intervistata al Salone del Libro di Torino, aveva affermato che “ci sono testi davvero difficili e anche brutti” e concludendo con la frase “basta con Verga”. Una difesa delle opere contemporanee, tra cui la scrittrice aveva inserito anche il suo libro più famoso, ‘Va dove ti porta il cuore’, a scapito di quelle classiche, che ha suscitato la reprimenda dell’Accademia della Crusca la quale è intervenuta sostenendo che sia “ingiusto attaccare Verga” e avvertendo che “quando suggerisce di sostituire i contemporanei con i classici, Susanna Tamaro dovrebbe nominare, più che sé stessa, gli scrittori del grande stile novecentesco”. 

Nel suo lungo post corredato da una fotografia che la ritrae intenta a leggere ‘Storia di una capinera’ di Verga, l’autrice ricostruisce l’accaduto per “porre termine a questa deprimente e inutile polemica. Non ho mai detto di odiare il Verga – le parole ‘odio’ o ‘disprezzo’ non appartengono al mio lessico né alla mia natura – ma che la scuola italiana fa odiare la letteratura, aggiungendo anche che, naturalmente, un insegnante appassionato può ribaltare questa situazione, ma che nella media questo non avviene e che la noia e il risentimento spesso offuscano la qualità stessa degli autori più importanti, avvilendoli”, argomenta Tamaro mettendo in fila i fatti che l’hanno vista protagonista. 

“Qualche giorno fa – dice – ho scritto un lungo articolo sul Corriere, ‘Siate liberi. Leggete (anche il Verga)’, per spiegare la manipolazione avvenuta, grazie a un titolo infelice, su quanto da me detto al Salone del Libro. Articolo che però non è stato neppure diffuso dalle agenzie di stampa, come era stato fatto con l’intervista incriminata, lasciando sul web solo gli anatemi e gli insulti nei miei confronti”. 

“Si trattava – sottolinea la scrittrice – di un’intervista video rilasciata nel caos del Salone del Libro e l’argomento era sulla difficoltà di far leggere libri ai ragazzi dopo la scuola. Dato che scrivo libri per bambini dal 1991, ho un po’ il polso della situazione, anche se non sono insegnante. Le scuole primarie, con l’aiuto delle biblioteche, fanno un ottimo lavoro e rendono i bambini appassionati lettori. Nelle medie continua un po’ quest’energia anche se un po’ in stallo, mentre alle superiori tutto si spegne e quando uno finisce gli studi, in linea di massima, l’ultima cosa che pensa di fare è di andare in libreria. Non c’è più alcuna curiosità nei confronti della parola scritta, a meno che siano prodotti di influencer o di fenomeni nati e cresciuti sui social. Allora mi sono chiesta, come mai succede questo? E sono andata ai miei penosi anni scolastici in cui mi era stata fatta odiare la letteratura. Per innamorarmi del Leopardi ho dovuto aspettare i trent’anni, per Manzoni i cinquanta”. 

“Questo avevo detto e questo è quello che penso. Suggerendo che forse – rimarca l’autrice – sarebbe giusto iniziare a riflettere su questa situazione o sul metodo stesso di insegnamento della letteratura. Alla fine dell’intervista, già in piedi – avete visto il caos che c’è al Salone? – la giornalista mi ha chiesto: ‘Allora cosa farebbe leggere ai ragazzi per avvicinarli alla lettura’ E io che sono una persona che ama la leggerezza e i paradossi, ho risposto ‘Magari anche ‘Va’ dove ti porta il cuore”. Era una battuta naturalmente detta da una persona Asperger che non considera di avere davanti plotoni di mitragliatrici virtuali pronte a trivellarla di insulti e anatemi”. 

“Trovo – sottolinea Susanna Tamaro – che la letteratura, ora più che mai, sia un’ancora di salvezza perché permette di sfuggire alla omologazione dei media. E la letteratura non si può imporre come dovere ma solo suggerire come scoperta e come piacere. Concordo con quello che dice la gentile lettrice del Piccolo di Trieste di oggi in una bella lettera sul senso della letteratura: leggere i libri di Verga è come entrare in un quadro di Segantini; è meravigliosamente vero ma, per capirlo, bisogna essere portati per mano dagli insegnanti che lei ha avuto negli anni 70 al liceo classico”.  

“Personalmente penso – conclude la scrittrice – che ogni libro sia un po’ come una grotta di Aladino: si deve entrare da un pertugio, pensando di trovarsi in un antro oscuro, per poi scoprire, camminando, che quell’oscurità nasconde un gran numero di pietre preziose che ci illuminano e faranno sempre parte della nostra vita. In questi giorni ho approfittato della polemica per prendere in mano ‘Storia di una capinera’, l’opera prima di Verga che ancora non avevo letto e mi sto perdendo nelle meravigliose descrizioni della natura e delle passeggiate alle pendici dell’Etna e nelle sofferenze di una ragazza che scopre tutti i caotici movimenti interiori del primo amore”. 

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