(Adnkronos) – Ci sono state le truffe, tante. Ci sono stati i problemi legati alla cessione dei crediti, ci sono state le difficoltà e i fallimenti, quando i margini si sono ridotti a seguito delle strette successive, che hanno ridimensionato il perimetro d’azione, e delle revisioni dei tariffari. Ma nelle pieghe della legislazione del Superbonus 110 ci sono imprese edilizie, quelle più strutturate e quelle che sono state tempestive nell’adeguare i propri piani, che si sono arricchite. Legalmente, senza rischiare nulla, o quasi. E beneficiando delle maglie troppo larghe di una misura pensata per sostenere l’economia ma che ha avuto l’effetto di drogare il mercato.
Un imprenditore, che per ovvie ragione preferisce non comparire con nome e cognome, ha raccontato all’Adnkronos la sua esperienza legata al maxi bonus edilizio. “Mi sono arricchito, grazie all’intuizione iniziale, alla scelta di orientare tutta la nostra attività verso il superbonus, alla capacità di strutturare un’intera filiera, dalla costruzione alla certificazione avvalendoci dei migliori professionisti”.
La premessa da fare è che tutto quello che ha fatto lo ha fatto seguendo alla lettera la legge, senza nessuna infrazione. Non rientra quindi nelle statistiche fornite dalla premier Giorgia Meloni che, definendo il Superbonus “una tragedia contabile”, ha riacceso i riflettori sui 12 miliardi di irregolarità riscontrati dall’Agenzia delle Entrate.
Si sta parlando di altro. Della quota di profitti fuori mercato che si sono generati soprattutto nella prima stagione del Superbonus. L’agevolazione fiscale è nata con il decreto Rilancio, governo Conte II, ed è stata applicata alle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 e fino al 30 giugno 2022, con una detrazione del 110% delle spese sostenute per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. “Abbiamo beneficiato di una condizione estremamente favorevole per qualsiasi imprenditore, è saltata la contrattazione sul prezzo dei lavori, con un tariffario che, almeno fino alla revisione arrivata a febbraio 2022, ci ha consentito margini giganteschi. Anche considerando quello che abbiamo perso quando abbiamo iniziato a cedere i crediti per incassare prima”. In un anno e mezzo, racconta l’imprenditore, “grazie all’organizzazione e alla capacità di accorciare i tempi e ridurre le spese per le certificazioni, abbiamo fatturato quello che avevamo fatturato nei dieci anni precedenti”.
Poi, però, è stata necessaria una seconda intuizione. “Quella di smettere quando i margini si sono ridotti e prima che arrivassero le difficoltà nell’incassare per i lavori fatti”. Tante imprese, invece, “hanno iniziato tardi e hanno continuato ad aprire nuovi lavori anche quando le condizioni sono profondamente cambiate. E sono andate incontro alle difficoltà che si trascinano ancora oggi”. L’altro fattore chiave è stato la forza lavoro. “Abbiamo assunto e siamo cresciuti per sfruttare fino in fondo l’opportunità del superbonus e, inevitabilmente, siamo stati costretti a ridimensionarci quando i rubinetti si sono chiusi. Abbiamo guadagnato tanto ma inevitabilmente abbiamo dovuto licenziare una parte degli operai che avevamo assunto”. E questo è un altro effetto perverso che produce il mercato, drogato da un superbonus e poi lasciato a se stesso. (Di Fabio Insenga)