Strage di Bologna, i giudici: “Prove eclatanti e precise su contributo di Licio Gelli”

(Adnkronos) – “Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D’Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”. E’ quanto scrivono i giudici della Corte di Assise di Bologna nelle conclusioni della sentenza che ha confermato le condanne di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia. 

Non solo. “Qui abbiamo accertato – si legge – che Gelli, Ia P2, i servizi segreti e quel centro occulto di potere coagulatosi intorno all’ex capo dell’Ufficio affari riservato avevano gestito e destinato ingenti somme di denaro all’esecuzione di un fatto che gravi convergenti indizi indicano nella strage di Bologna”. 

“Qui abbiamo accertato che Gelli, la P2, i servizi segreti e quel centro occulto di potere coagulatosi intorno all’ex capo dell’Ufficio affari riservato avevano gestito e destinato ingenti somme di denaro all’esecuzione di un fatto che gravi convergenti indizi – scrivono i giudici della Corte di assise di Bologna – indicano nella strage di Bologna. Le complesse e intrecciate causali che portarono quel gruppo di potere, al cui servizio operavano le diverse squadre di eversori neri sempre a disposizione per manovre di attacco alla democrazia e alla Costituzione, sono tuttora questioni aperte e hanno solo parzialmente formato oggetto di analisi in questo processo”.  

“Uno dei moventi emersi – continua – è consistito nella necessità di impedire ogni prospettiva di accesso della sinistra al potere in Italia, in una fase di ripresa formidabile della guerra fredda sui finire degli anni ’70 e all’inizio degli ’80, con l’invasione sovietica dell’Afghanistan e il dispiegamento dei missili Cruise in Sicilia. Poi ancora l’attuazione del Piano di Rinascita democratica attraverso l’impiego misurato della strategia delle bombe in una prospettiva di guerra psicologica, di provocazione e di preparazione dell’opinione pubblica al taglio delle ali estremi del sistema politico”.  

“Si è finalmente giunti a porre un punto fermo che considera la strage del 2 agosto 1980 a Bologna come il momento conclusivo, sia pure sui generis ed atipico rispetto ai momenti precedenti della c.d. ‘strategia della tensione'”. E’ uno dei passi delle motivazioni della sentenza della Corte di assise di Bologna che ha confermato le condanne di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia. 

“E’ ormai appurato, grazie alle indagini sul quinto terrorista, l’ex militante di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini, e grazie alle nuove acquisizioni su Sergio Picciafuoco – si legge – che la compagine degli esecutori materiali non agiva nel vuoto di strategia e fuori da contesti politici nazionali e probabilmente internazionali. Gli esecutori erano strettamente collegati a chi la strage aveva deciso, agevolato e finanziato, attraverso un fitta rete di legami e di mediazioni, di cui tuttavia si intravede ora il vertice, come è stato per le stragi politiche dei primi anni Settanta, la cui funzione fu tutta interna alle strategie atlantiche di prevenzione dell’espansione del comunismo in Europa, mediante operazioni connesse al contrasto alla ‘guerra rivoluzionaria’ con l’impiego della controguerriglia psicologica che prevedeva anche il ricorso a stragi e provocazioni nelle varie forme delineate nell’operazione Chaos”.  

E ancora: “La strage di Bologna rispecchia questa strategia in un modo sui generis, in un mondo che e diventato molto più complesso e vede in atto il consueto tentativo, questa volta riuscito definitivamente, di influire sulla politica nazionale attraverso la strage indiscriminata per chiudere definitivamente con il passato resistenziale del nostro Paese, di cui l’omicidio dell’onorevole Moro e poi del presidente Mattarella furono precisi momenti attuativi”. 

“La strage di Bologna ha avuto dei ‘mandanti’ tra i soggetti indicati nel capo d’imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali – scrivono i giudici – il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l’assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna”. 

“Anche la causale plurima affonda radici nella situazione politico-internazionale del Paese e nei rapporti tra estremisti neri e centrali operative della strategia della tensione sui finire degli anni Settanta. E’ nella complessa realtà politica di quegli anni – si legge nella sentenza – che vanno trovate le causali della strage, una causale la cui individuazione va compresa allargando ancora di più il campo di osservazione cui ci si è dovuti necessariamente contenere in questo processo”. 

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