Storage e rinnovabili : a che punto siamo?

(Adnkronos) – I target fissati dalla Comunità Europea per il 2030 su sviluppo sostenibile e riduzione delle emissioni climalteranti sono piuttosto impegnativi per gli Stati membri: per poterli raggiungere è necessaria una decisa accelerazione della transizione energetica alle fonti rinnovabili, puntando all’indipendenza dai combustibili fossili. 

In questo trend di sviluppo, lo storage ha un ruolo centrale: infatti le energie rinnovabili sono soggette a notevoli variazioni di disponibilità (nuvolosità vs soleggiamento, intermittenza del vento etc.), quindi diventa fondamentale poter accumulare l’energia captata per renderla disponibile anche in momenti successivi. 

Non a caso le proiezioni di crescita del settore storage sono significative: secondo un report IRENA (International Renewable Energy Agency) entro il 2030 la capacità di storage installata a livello globale sarà triplicata. 

Logico, dunque, che il settore attragga sempre maggiori capitali. Ad esempio, Enel Green Power sta investendo ingenti risorse nello sviluppo e realizzazione di nuovi impianti di storage, oltre che nella sperimentazione di tecnologie innovative di accumulo. In particolare, dal 2019 ad oggi l’azienda ha autorizzato investimenti per impianti di accumulo a batterie (BESS: Battery Energy Storage Systems) in varie geografie del mondo, per complessivi 3.900 MW, con l’obiettivo di arrivare a 9.000 MW entro il 2030. 

In Italia la crescita prevista e le risorse investite sono particolarmente rilevanti: si parla di più di 1.700 MW installati nei prossimi anni. Ma la pipeline dei progetti di accumulo è ben più grande: 80 GW tra le varie tecnologie: 72 GW di sistemi di accumulo a batterie (di cui 6GW in Italia) e 8 GW di impianti di pompaggio (di cui 2.5 GW in Italia). 

Si fa presto a dire storage
 

Le tecnologie di accumulo più mature ad oggi sono di due tipi: pompaggi idroelettrici e batterie elettrochimiche. I primi sono sostanzialmente impianti idroelettrici progettati e realizzati per poter anche pompare ‘in alto’ l’acqua, dal bacino di valle al bacino di monte, immagazzinando energia potenziale per successivo sfruttamento. Sono impianti che richiedono siti con caratteristiche specifiche, grandi opere di ingegneria civile ed’elevata intensità di capitale per singolo progetto. 

Diverso è il discorso per le batterie: si tratta di una tecnologia che sta vivendo una crescita esponenziale, con impianti utility scale fino a centinaia di MW di potenza, in grado di fornire i servizi necessari alla rete per garantire il suo funzionamento in piena sicurezza e assicurare la copertura della domanda di energia. Sono impianti modulari, realizzabili virtualmente ovunque (salvo vincoli specifici dei territori), in prossimità dei nodi della rete, anche grazie alle dimensioni contenute rispetto alla potenza e dall’impatto visuale pressoché nullo. 

L’accumulo di energia reso possibile da questi due sistemi permette di stabilizzare l’intera rete elettrica, eliminando problematiche di discontinuità e adeguando l’immissione di energia in rete alle reali necessità del sistema. Anche se il pompaggio ha tutt’ora un interessante potenziale di sviluppo, legato soprattutto al ripotenziamento degli impianti con macchinari più evoluti e performanti (in grado di migliorare rendimenti, abilitarli a fornire servizi alla rete e aumentare la potenza), in generale il potenziale di crescita di questa tecnologia è inferiore, sia per la ridotta disponibilità di nuovi siti idonei, che per l’affermazione di tecnologie meno costose, come i sistemi elettrochimici (batterie al litio, sempre più accessibili e competitivi, con costi che si sono ridotti del 90% rispetto al 2010. 

Innovare per risolvere
 

Sostenibilità ed economia circolare sono due temi centrali nel futuro dello storage: in particolare, la carenza di materie prime (sia gli elementi minerali più noti che le cosiddette “Terre rare”, elementi chimici la cui produzione è molto localizzata, in pochi Paesi con rilevante rischio geopolitico) e la gestione delle batterie esauste a fine vita. 

Per quanto riguarda il primo aspetto, va ricordato che l’Italia non dispone di adeguate risorse minerarie: nichel, cobalto e litio – elementi fondamentali per la produzione delle batterie – scarseggiano quando non sono del tutto assenti. Un limite che in parte può essere superato puntando sulla filiera del riciclo delle batterie esauste, per il recupero dei metalli contenuti al loro interno: è una soluzione questa che ha anche il pregio – oltre a rimettere ‘in gioco’ le cosiddette materie prime seconde – di gestire in ottica circolare il fine vita di queste componenti. 

In questa direzione va il progetto Second Life, con cui Enel Green Power sta sperimentando, nella cittadina spagnola di Melilla, il riutilizzo di batterie provenienti da veicoli elettrici, in un sistema di storage stazionario. 

Ma le criticità legate a carenza di materie prime minerali e ciclo di vita delle batterie vengono affrontate in maniera strutturale con la ricerca e l’innovazione, per sviluppare tecnologie in grado di affrancarsi da quei vincoli e quelle restrizioni. 

Tra le tecnologie più promettenti ci sono: le batterie a flusso, realizzate con materie prime più reperibili e sostenibili, e caratterizzate da ridotto deterioramento della capacità di accumulo (in grado cioè di mantenere elevata capacità di immagazzinare energia durante la vita); lo stoccaggio in aria liquida (LAES, Liquid Air Energy Storage), l’accumulo termico (accumulo di calore ad alta temperatura in ‘serbatoi’ di rocce frantumate) e gravitazionale. 

Per quest’ultima tipologia Enel Green Power ha concluso, in ottica di sostenibilità e circolarità, un accordo con Energy Vault, startup svizzera che ha sviluppato un innovativo sistema di stoccaggio di energia gravitazionale. 

Il materiale composito che costituisce le pale eoliche dismesse viene infatti riciclato nella realizzazione dei blocchi utilizzati nel sistema di accumulo: una tecnologia puramente meccanica che in sostanza utilizza l’energia di rete (nelle fasi di bassa domanda) per sollevare i blocchi che saranno poi calati (generando elettricità) nei momenti di elevato fabbisogno. 

La chiusura del cerchio
 

La centralità dei sistemi di accumulo di energia (termica, gravitazionale, elettrochimica etc.) e la loro capacità e flessibilità nel restituirla sotto forma di elettricità alla rete, non può essere sottovalutata. 

Senza lo storage (in senso generale), le rinnovabili non potranno raggiungere quel livello di diffusione, penetrazione e affidabilità (come fonte primaria) che è indispensabile per raggiungere gli obiettivi della transizione energetica. 

I sistemi di accumulo permettono di sfruttare al massimo le fonti rinnovabili, ‘mettendo da parte’ l’energia del vento e del sole per i momenti di maggior fabbisogno (e quindi permettendone il pieno sfruttamento), stabilizzano il profilo di produzione dell’eolico e del solare, e garantiscono la stabilità della rete fornendo i servizi necessari al suo funzionamento (i c.d. servizi ancillari). 

Soprattutto, i sistemi di accumulo non possono più essere considerati un optional: in un mondo impegnato nel passaggio dal fossile al rinnovabile, lo storage è l’altra metà della soluzione, ed è destinato – grazie all’innovazione e al progressivo abbattimento dei costi – ad uno sviluppo esponenziale nel breve termine. 

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