Russia, le forze di Kadyrov? “Non più di 500 uomini”

(Adnkronos) – Le forze di Ramzan Kadyrov? “Il leader ceceno non può contare su più di 500 uomini. Li abbiamo contati uno a uno, dopo averli riconosciuti nelle foto dei post che loro stessi hanno pubblicato sui diversi social dal fronte in Ucraina. Abbiamo compilato elenchi”. In una intervista all’Adnkronos Abubakar Yangulbaev, avvocato, dissidente, figlio di un ex giudice federale in Cecenia, vittima di persecuzioni, così come tutta la sua famiglia, smonta il mito dei ‘kadyrovtsy’ costruito ad arte, sottolinea, da fonti russe. “Nessuno ha chiesto informazioni ai ceceni”, denuncia da una città europea, dove si trova dallo scorso febbraio.  

“Prima della guerra in Ucraina, anche in Cecenia si pensava che Kadyrov disponesse di super poteri, di 20mila ma anche 50mila uomini, una forza senza limiti. Ma ora tutti hanno realizzato che ai suoi ordini ci sono solo pochi uomini. Che si trattava di informazioni false. Kadyrov ha messo in piedi una campagna efficace di pubbliche relazioni, ma non ha un esercito, il suo potere si basa sui circa 100mila militari russi dislocati nella Repubblica del Caucaso”. “Sappiamo anche che adesso in Cecenia i commissariati sono vuoti, senza personale”. Mentre Kadyrov continua a ripetere, come ha fatto proprio nei giorni scorsi, la sua versione, vale a dire, che in Ucraina hanno combattuto 20mila ceceni, nove mila dei quali sono al frponte oggi.  

“I kadyrovtsy fanno i poliziotti per Mosca, come quando i nazisti hanno invaso la Polonia e usato i locali per terrorizzare i civili. La Russia ha solo bisogno che la Cecenia stia tranquilla poi quello che fa Kadyrov, qualunque cosa sia, a Mosca va bene”, aggiunge Yangulbaev, ricordando il caso della madre, Zarema Musaeva, rapita a Nizhni Novgorod all’inizio dell’anno da uomini che parlavano ceceno, a bordo di auto con targa cecena, e portata, contro la sua volontà, a Grozny, dove dalla scorsa estate è sotto processo per frode e aggressione a un agente di polizia. “La sua vicenda è eccezionale solo perché è una donna, che in precedenza venivano risparmiate- oltre che la moglie di un giudice”, aggiunge l’attivista.  

Quando parla di ‘noi’, dell’opera di identificazione degli uomini del leader ceceno, a chi si riferisce? “Io e le persone con cui sono in contatto. I soldati dei battaglioni ceceni che combattono per l’Ucraina, i volontari, i ceceni inseriti nell’esercito ucraino, amici in Cecenia e attivisti all’estero”, spiega Yangulbaev, che ha 29 anni e in passato, in Cecenia e a Pyatigosk, nel Caucaso, ha lavorato per il Comitato contro la tortura, seguendo una ventina di casi, fra rapimenti, torture e assassini da parte “di forze in contatto con il governo”.  

“L’opposizione cecena è forte. Ne fanno parte giovani, fra cui Tumso Abdurakhamov – vittima in Svezia di un tentato omicidio da parte dei ceceni- Khasan Khalitov -rifugiato in Turchia, dove ha ricevuto la foto della sorella denudata dopo essere stata rapita in Cecenia- e mio fratello Ibrahim, e persone con una storia alle spalle, come il leader indipendentista Akhmet Zakaev. Sono tutti all’estero. Nessuno è rimasto in Cecenia”, aggiunge, parlando della ricerca di un sostegno dai Paesi Occidentali dopo “il tradimento” degli Emirati arabi uniti e dell’Arabia saudita, che ora sono “amici di Kadyrov”.  

La sua storia di dissidente inizia nel novembre del 2015, quando viene rapito insieme al fratello Ibrahim, e al padre, fino ad allora giudice federale, non quindi un oppositore, ma una personalità in vista e indipendente. Il giudice tuttavia avuto dissidi con esponenti del clan di Kadyrov “che allora non aveva ancora preso il controllo della magistratura”. Ibrahim invece aveva pubblicato su VKontakte post contro il regime: “Ci hanno sequestrati, interrogati e torturati, anche dallo stesso Kadyrov, per una notte intera”. 

Nel 2017, la storia si ripete: agenti di polizia rapiscono Ibrahim e lo arrestano formalmente con l’accusa di incitamento all’odio per le forze militari russe. Lo rilasciano il primo gennaio del 2019. senza che si sia svolto un processo, senza una condanna. Io e i miei colleghi del Comitato contro la tortura lo abbiamo portato subito a Nizhni Novgorod, con tutto il resto della famiglia.  

“In Russia le cose non funzionavano. Sapevo che prima o poi sarei stato rapito o arrestato su ordine di Kadyrov che può fare quello che vuole con i ceceni in Cecenia e fuori dalla Cecenia, che sia nel resto della Russia, in Europa o in un altro Paese. Ci sono molti esempi, in Austria, Germania e Francia. E se in Cecenia può fare quello che vuole in qualunque momento, nel resto della Russia agisce in modo più accurato, ma agisce lo stesso e a volte non solo con i ceceni ma anche con persone di altre nazionalità”. Esempi? Il farmacista del Daghestan Aleksei Kardashov, rapito e torturato e quindi ucciso. In questo caso, nel 2017 siamo riusciti ad avere una condanna, in un tribunale ceceno, di due agenti di polizia Aslan Dukayev e Bekkhan Abdurashidov, la prima condanna di un agente in Cecenia.  

“Ho lasciato la Russia nell’ottobre dello scorso anno, dopo essere stato fermato e rilasciato dopo tre ore. Sono scappato in Georgia e da lì sono arrivato nella Repubblica Ceca. Lavoravo per il Comitato contro la tortura a Pyatigorsk, a 300 chilometri da Grozny, dopo aver fatto l’assistente in uno studio legale nella capitale della Cecenia, ma sono stato anche attivista per la difesa dei diritti umani e contro il Presidente ceceno”. “Mi sono molto impegnato per raccogliere informazioni direttamente in Cecenia, nei villaggi, come ceceno mi era facile raccogliere la fiducia delle persone ed e questo è il tema sensibile per Kadyrov”.  

“In Cecenia la gente vive un’altra vita rispetto a quello che accade al resto dei russi. I diritti e le leggi ordinarie che funzionano in Russia non funzionano in Cecenia. Ma i kadirovtsy possono fare quello che vogliono anche nel resto della Russia. Possono andare a Mosca, rapire qualcuno è portarlo in Cecenia. E Kadyrov non lo nasconde ma lo dice apertamente alla televisione cecena, ‘posso prendere chi voglio, ovunque, e fare qualsiasi cosa’”, conclude. 

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