Premierato targato Meloni, no di Schlein e Calenda a riforme. E Renzi avverte

(Adnkronos) – Sarà pure la “madre di tutte le riforme” per Giorgia Meloni, ma per le opposizioni resta una proposta da respingere al mittente. Dopo l’approvazione oggi in Cdm del premierato, si conferma il no alla riforma del centrodestra ed anzi, entrando maggiormente nel dettaglio, si amplificano le critiche. “Pasticciata e pericolosa” per Elly Schlein. Un “Italierato mai sperimentato al mondo” per Carlo Calenda. E da Italia Viva che pure si era detta disponibile al sostegno, al momento, prevale la prudenza. “Sì all’elezione diretta del premier, no ai pasticci”, è l’avvertimento di Matteo Renzi.  

Se anche Italia Viva dovesse smarcarsi, per il premierato di Meloni si profila un iter non solo lungo, ma anche vivace: sarebbe la riforma della maggioranza ‘contro’ l’opposizione e finirebbe per caricare di un denso significato politico il referendum. A quella data mancano anni e una lunghissima discussione parlamentare a cui si affiancherà anche quella della riforma della legge elettorale. Intanto ai blocchi di partenza Pd, Azione, M5S, Più Europa e Avs si preparano alla battaglia con Italia Viva che sembra meno pronta al sostegno del progetto del governo.  

Dice la coordinatrice Raffaella Paita: “Mi pare che nella proposta della maggioranza sulle riforme costituzionali ci siano un po’ di pasticci. Aspettiamo di leggere i testi”. Per Schlein si tratta di una proposta che “indebolisce nuovamente il Parlamento. E’ una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare. Non è un caso che la presentino proprio ora per coprire il fatto che nella manovra mancano le risposte che servono al Paese sul terreno economico e sociale”. 

Calenda conia il neologismo ‘Italierato’ per la riforma Meloni: “Il governo ha approvato una riforma in Cdm che potremmo chiamare l’Italierato. Non è un cancellierato (che avremmo approvato), non è un Premierato, non è Presidenzialismo o semi-presidenzialismo. È una nostra invenzione mai fino ad ora sperimentata nel mondo. Il Parlamento non funziona, il federalismo non funziona, la pubblica amministrazione non funziona. Meloni ha trovato la soluzione: occuparsi d’altro. Il che rappresenta bene la storia di questo governo”.  

Netto Nicola Fratoianni: “E’ una specie di mostro giuridico istituzionale di fronte ad un Parlamento già ampiamente umiliato dal ricorso continuo alla decretazione d’urgenza e al voto di fiducia”. Anche per il responsabile Riforme del Pd, Alessandro Alfieri, quella del governo “non è una riforma, ma è un attacco al modello di repubblica parlamentare”. E l’ex-presidente della Camera, Roberto Fico dei 5 Stelle, scrive sui social: “Il premierato meloniano è una riforma pasticciata e approssimativa. Una scelta che non favorirà la governabilità ma accentuerà gli squilibri del sistema”. 

Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex-parlamentare Pd, mette giù a caldo un’analisi delle numerose “anomalie” del premierato made in Meloni. E tra queste ne rileva una un po’ paradossale: se cade il premier eletto direttamente dai cittadini, il suo successore è in realtà il ‘premier forte’. Spiega Ceccanti: “Il secondo premier è più forte del primo perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato, non quella dell’eletto direttamente”. E rivolto a Italia Viva osserva: “Il progetto dovrebbe quindi essere rifiutato, a logica, anche dai sostenitori del sindaco d’Italia”. 

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