(Adnkronos) – Due ipotesi prevalenti e un dibattito che impegnerà le prossime settimane. Si cerca una soluzione sulle pensioni per evitare che dal 1 gennaio 2023 torni la legge Fornero. Diverse le opzioni sul tavolo, ma due strade sembrano spartirsi le maggiori possibilità di successo. La prima, quota 102 flessibile, è lo schema già proposto dalla Fondazione dei Consulenti del lavoro, guidata finora dal neo ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone, e molto simile all’idea sostenuta da Fratelli d’Italia. L’altra è la proposta della Lega, ribadita dal leader Matteo Salvini, quota 41.
Ci sono differenze, sia per l’effetto finale sia per la compatibilità con l’equilibrio nei conti pubblici. Anche se le due strade si avvicinano considerando le correzioni indispensabili per renderle sostenibili nel quadro attuale.
Quota 102 flessibile. Prevede il pensionamento tra i 61 e i 66 anni, con almeno 35 anni di contributi, purché la somma faccia comunque 102. Per questo si parla di un quota 102 ‘flessibile’. Finora, con quota 102, si andava in pensione solo con 64 anni più 38 di contributi, nella nuova versione sarebbe possibile anche con tutte le combinazioni fra 61 e 66 anni di età e fra 35 e 41 anni di contributi. Sarebbe una soluzione in grado di garantire una soluzione, di scongiurare il ritorno alla legge Fornero e di non compromettere l’equilibrio dei conti pubblici.
Quota 41. In questo caso si parla di una quota relativa agli anni di contributi. L’ipotesi originale, quella spinta dalla Lega in campagna elettorale, prevede il solo requisito dei 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. I costi elevati, e l’impossibilità di sostenerli in questa fase, ha suggerito a Salvini di declinarlo come un obiettivo di legislatura. Un primo intervento, da fare nelle prossime settimane, prevederebbe Quota 41 associata a un requisito anagrafico minimo: 61 o 62 anni. Il risultato sarebbe simile a quello di quota 102 ma sarebbe più rigido, in attesa di arrivare progressivamente all’obiettivo finale.