Pd, caccia a candidatura tra regole e deroghe: big salvi anche ‘grazie’ a Draghi

(Adnkronos) – “Serve uno sforzo”. Enrico Letta ha messo le cose in chiaro nel corso della Direzione del Pd, a proposito delle candidature: “Tutti dovete pensare a come dare una mano e non essere un problema”, perché “oggi non è più come quando c’erano decine di posti da distribuire”. Papabili candidati ed eletti che cercano il bis dovranno, in sostanza, fare un faticoso slalom tra il taglio dei parlamentari (da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori), le regole elettorali che spingono a patti per spartire i collegi con gli alleati, le norme sull’alternanza di genere e il tradizionale rinnovamento per arrivare in Parlamento con la nuova legislatura.  

In questa cornice è quindi partita nel Pd formalmente la ‘corsa’ alle candidature. La ‘dead line’ è quella della prossima Direzione, che verrà convocata tra il 9 a l’11 agosto, in cui verranno votate le liste. A supportare Letta nelle sue decisioni, il regolamento approvato in Direzione: sono incandidabili i sindaci dei grandi comuni (sopra i 20.000 abitanti), i governatori, i consiglieri e gli assessori regionali e i parlamentari per 15 anni consecutivi. Per tutti vale la possibilità di chiedere una deroga (da votare in Direzione).  

Sempre il regolamento concede al segretario una sorta di wild card per proporre candidature “di rilievo” o “indicate da altre forze politiche con le quali il Pd abbia stretto accordi politico elettorali”. A sorridere tra i papabili è il Nicola Zingaretti. Il regolamento approvato in Direzione prevede esplicitamente una deroga all’incandidabilità “per le Regioni che si trovino nell’ultimo anno di legislatura”. Il caso del Lazio, appunto. 

A posto sono poi tutti i Big, visto che le regole approvate in Direzione assegnano una deroga automatica per coloro che “ricoprono o abbiano ricoperto” la carica di segretario, presidente del Consiglio, ministri. Possono, quindi, decidere liberamente di candidarsi indipendentemente dal loro ‘background’ Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Andrea Orlando. Ma anche ex come Roberta Pinotti, che vanta due legislature alla Camera (XIV e XV) e tre al Senato (XVI, XVII, XVIII).  

Tra i parlamentari è tutto un fare i conti per capire chi può aspirare ancora a un seggio e chi no. Luigi Zanda, decano del Senato (vanta una presenza nella XIV legislatura, nel 2003) si è tirato fuori: “Non chiederò la deroga, non mi candido”, ha annunciato in Direzione. Ad andare incontro alle aspirazioni dei possibili candidati può essere però la fine anticipata del governo Draghi, che eliminerebbe la legislatura in corso (e interrotta) dal conteggio dei 15 anni consecutivi prevista come ‘tetto’ nel regolamento.  

Sarebbe il caso di Andrea Marcucci, che vanta il record di una legislatura nella Prima repubblica (la XI, nel ’92, con il Pli) e poi tre consecutive compresa questa, la XVIII. Nelle condizioni dell’ex capogruppo ci sono altri senatori come Stefano Margiotta (legislature XV, XVI alla Camera, XVII, XVIII al Senato), Antonio Misiani (XV, XVI, XVII Camera e XVIII Senato), Francesco Verducci (che però ha due legislature ‘monche’) e deputati con le ultime tre legislature come Emanuele Fiano, Michele Bordo, Paola De Micheli, Marianna Madia tra gli altri. Tra più presenti in Parlamento ci sono anche Piero Fassino (dalla XII alla XVI), ma per due volte ministro e quindi candidabile, e Barbara Pollastrini (XI e poi dalla XIV alla XVIII) anche lei ex ministra. Su tutto, deciderà la Commissione elettorale di garanzia e poi la Direzione di agosto.  

 

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