Omicidio Pamela, la madre scrive a Oseghale: “Non ti perdono, non immagini dolore che hai provocato”

(Adnkronos) – “Adesso parlo io”. Inizia così la lunga lettera “al carnefice di mia figlia” che Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, affida all’Adnkronos in risposta a quella altrettanto lunga che Innocent Oseghale, in carcere con l’accusa di aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi il corpo della 18enne romana il 30 gennaio di cinque anni fa, aveva scritto nei giorni scorsi alla stessa agenzia di stampa.  

“È disumano e terrificante tutto quello che tu e i tuoi amici avete fatto a mia figlia – scrive – E’ disumano il fatto che tu ancora non sia veramente pentito. Parli di pregiudizi legati alla tua condizione di immigrato che ha vissuto sulla propria pelle il viaggio in mare dalla Libia, sostieni di aver subito violenze di ogni genere insieme ad altre persone sequestrate dagli scafisti, aggiungi che mai e poi mai avresti violentato e ucciso Pamela. Basta! Basta nasconderti dietro a questa scusa, che stai facendo fare brutta figura anche a tutte quelle persone che sbarcano ogni giorno sulle coste della mia amata nazione. A te e ai tuoi amici vi abbiamo accolto, abbiamo offerto cure, integrazione. E voi come avete ricambiato il favore? Rifiutando il lavoro perché preferivate delinquere? Approfittando della carità che il mio paese vi ha dato? Violentando e massacrando con tanta cattiveria e precisione una ragazza di 18 anni?”. 

E’ uno sfogo riportato nero su bianco da Alessandra Verni, a caratteri maiuscoli. “Ti ricordo – scrive ancora la mamma di Pamela, rivolgendosi a Oseghale – che tu avevi anche il permesso di soggiorno scaduto e chi doveva controllare che tu te ne tornassi al paese tuo non lo ha fatto, quindi non parlare di razzismo con noi. Parli di fede, del cammino cristiano che hai intrapreso. Non immagini neanche cosa sia la fede. In passato sei stato aiutato anche da persone del clero, in tutte le udienze ti ho visto con un rosario al collo. Anche Pamela ne portava uno al polso, ricordi? In una foto, quel polso con il rosario ha un profondo squarcio. Perché? Cosa dovevate nascondere? E la catenina con la Madonnina miracolosa che mia figlia indossava, quella dovresti ricordarla visto che le hai fatto sparire anche il collo insieme ad altre parti del corpo. Perché, Oseghale, perché?”. 

“Perché portavi il rosario anche durante le udienze, se dici di aver intrapreso ora, in carcere, un cammino cristiano? – scrive ancora Alessandra Verni nella lettera diffusa tramite l’Adnkronos – Forse, all’ epoca, la tua era solo una strategia Per tutto quello che hai fatto a Pamela, la mia Pamela, escludo che tu pregassi Dio. A me la fede sta aiutando a sopportare questo dolore immane che tu hai provocato. Ma cosa vuoi saperne, tu, di cosa significhi portare un fardello così e affidarsi a Dio. Non immagini le lacrime versate, il dolore forte al cuore come fossero tante pugnalate. Che puoi saperne, tu, della voglia di riabbracciare quel corpo che tu hai stuprato, ucciso, scuoiato, fatto a pezzi? Perché tutto questo? Perché? Mia figlia la avete lavata con la candeggina, messa in due trolley abbandonati sul ciglio di una strada. Perché? Perché? Perché? – ripete in un mantra straziante – Pensa se fosse stata tua figlia. Come ti saresti sentito, cosa avresti fatto?”. 

“Per tutto quello che hai fatto a Pamela, io non ti credo. Oggi in carcere lavori, hai fatto un corso di alfabetizzazione, fai molta attività fisica, scrivi, ascolti musica, guardi la tv. Ho sempre immaginato come te la potevi passare in carcere – continua la mamma della 18enne – leggendoti mi sembra bene. Mi auguro, tuttavia, che tu lavori tanto come scrivi, visto che hai dei risarcimenti da pagare. E ricordati, l’ergastolo è sempre poco per quello che hai fatto a Pamela. Scrivi, ancora, che le ricostruzioni del processo non hanno tenuto conto delle tante prove a tua discolpa. Di quali prove parli? Hai due avvocati, sette consulenti, ti sono state date alle udienze interpreti. Mi sembra che qui chi sta pagando e si farà veramente l’ergastolo sono io. Non mi fai pena”. 

E ancora: “Sostieni di aver avuto rapporti sessuali con il consenso di entrambi – prosegue la mamma di Pamela Mastropietro – Tu pensi veramente che io ti creda Hai sempre dichiarato di aver avuto rapporti con mia figlia già prima di arrivare a casa tua, precisamente al sotto passaggio di Fontescodella, particolare, purtroppo per te, smentito dal fatto che quello stesso giorno, proprio nel luogo da te indicato, le forze dell’ordine stavano effettuando una retata. E poi quel segno sul braccio di Pamela, proprio lì dove le avete fatto la puntura sul polso, il segno di una presa, come se qualcuno di voi la stesse trattenendo con la forza. E tutti quei tagli sulla pelle? L’avete torturata Non hai mai detto la verità, così come quando, all’inizio, accusasti sia Desmond che Awelima (suoi connazionali in seguito scagionati dall’accusa di omicidio, ndr) della loro presenza in casa quel giorno. Perché poi non hai più parlato di loro? Eppure Desmond venne con te a comprare l’acido, ma non trovandolo avete preso litri e litri di candeggina. Perché?”. 

“Sostieni che Pamela abbia consumato una sostanza che non avevi mai visto – continua Alessandra Verni nella sua lettera a Oseghale – Ma se hai detto che la droga gliela hai data tu con il tuo amico, come fai a dire che non sapevi cosa fosse? Scrivi poi della paura che ti ha assalito di perdere la compagna e i figli. Per colpa tua mia figlia ha perso la sua vita e con lei anche i suoi sogni, i miei e quelli della mia famiglia. Oltre ad aver massacrato mia figlia tu hai ‘ucciso’ anche noi. A tutto questo non pensavi mentre le facevi del male? Dici, ancora, di aver commesso lo sbaglio più grande della tua vita, non chiamando subito l’ambulanza e la polizia. Lo sbaglio più grande è quello di non aver aiutato una ragazza che voleva tornare a casa, di averne approfittato. E fu un tuo stesso connazionale ad affermare che venivano periodicamente portate, nella tua abitazione, delle ragazze provenienti da comunità terapeutiche per fare festini a base di droga e sesso insieme ai tuoi amici”. 

“Come a voler infierire – prosegue la mamma di Pamela nella lettera – scrivi di condividere con me lo stesso dolore. Non ti permettere. Il mio dolore lo hai causato tu. Io ho ancora la speranza di riabbracciare in paradiso mia figlia e sappi che se un giorno si dovessero presentare alla mia porta i tuoi figli, io li abbraccerò, perché anche a loro tu hai distrutto il cuore. Hai scritto che, se avessi chiamato i soccorsi, forse Pamela si sarebbe potuta salvare. Si sarebbe salvata, se avesse incontrato persone degne. Purtroppo ha solo incontrato mostri. E tu sei uno di loro, un mostro. Scrivi di pensare spessissimo a Pamela, io ci penso ogni secondo a mia figlia, a quello che ha passato e che le hai fatto passare, penso a quei momenti in quella casa. Tu li sapresti raccontare meglio se solo dicessi la verità. Penso alla paura che le avete fatto provare, al dolore, alle sue grida soffocate dalla musica alta che avevi messo, alle sue lacrime mentre la trattenevate per violentarla. In quanti eravate? Hai dimenticato, forse, che sul corpo di Pamela, oltre al tuo e del tassista argentino, sono stati trovati altri due dna: di chi sono? Parla, Oseghale”.  

“Sto male nell’immaginare tutto quello che ha passato mia figlia. Oltre al dolore ho dovuto sopportare gli insulti e le calunnie, le maldicenze nei confronti miei e di quelli di Pamela. Ma quello che tu hai fatto supera ogni livello umano di sopportazione e di dolore. Io non ti perdono. Tu continui a negare l’evidenza. Se fossi veramente pentito, faresti i nomi dei tuoi complici (compreso chi vi ha aperto la porta di casa), spiegheresti come mai Pamela è morta per le due coltellate che le avete dato. Rispondi alle mie domande, adesso devi farlo. Ricorda: Gesù dice ‘beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati’. Ed io ho tanta fame e sete di giustizia! Oseghale – conclude Alessandra Verni – non aver paura delle persone che fingono di proteggerti, ma abbi paura dell’ira di Dio! Dio è con me”.  

(di
Silvia Mancinelli) 

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