(Adnkronos) – Altri 20 giorni, fino al 24 gennaio, per chiudere lo spoil system ai vertici dei ministeri e degli enti pubblici, incluse le agenzie fiscali. Poi arriveranno le partecipate, nel cuore dell’economia controllata dallo Stato. E vanno considerate anche le grandi manovre che riguardano Mef, Cdp e, in autunno, Bankitalia. Il governo Meloni gioca la partita delle nomine in uno scenario in costante evoluzione.
Prima ancora dei nomi, che saranno ovviamente decisivi, è il metodo che le parole del premier e dei ministri a lei più vicini hanno delineato a indicare la strada che si intende seguire. L’obiettivo è quello di rinnovare il più possibile, guardando a profili capaci di portare innovazione non solo nelle proprie funzioni ma anche nel rapporto con l’esecutivo.
Questo, in attesa di una riforma della Legge Bassanini, obiettivo già indicato dal premier, potrà essere possibile a legislazione vigente, che rende alcune posizioni praticamente intoccabili. L’immagine del machete usata dal ministro della difesa Guido Crosetto resta significativa per rappresentare la volontà di voltare pagina rispetto a quelle che vengono considerate pessime abitudini. Ma l’intenzione di andare più a fondo possibile è confermata soprattutto dal lavoro di analisi e di selezione di profili adeguati che sta andando avanti. Per governare potendo contare su una macchina pubblica efficiente e pronta a recepire l’indirizzo politico, è la convinzione che è stata rafforzata in questi primi mesi, servono uomini, e donne, giusti al posto giusto.
Il processo, per quanto riguarda i ministeri e gli enti pubblici, è già iniziato con le nomine di capi di gabinetto e segretari generali ma andrà avanti ancora nelle prossime settimane.
Poi si metterà mano all’altro capitolo, quello delle partecipate. Supera, e di molto, quota 100 il numero delle poltrone che saranno al centro della partita dei rinnovi al vertice delle grandi aziende partecipate dallo Stato. Da Eni a Enel, da Leonardo a Poste, con l’approvazione dei bilanci 2022 andranno in scadenza consigli di amministrazione e collegi sindacali di alcune delle maggiori società pubbliche. Calendario alla mano, la formalizzazione delle nomine arriverà con le assemblee degli azionisti della prossima primavera. Ma si sa che, tra conferme e rinnovi, le grandi manovre per il ridisegno della mappa del potere ai vertici dei grandi gruppi cominciano molto prima.
Prima di tutto, dunque, ci sono le sei aziende quotate: Enav (l’ad Paolo Simioni al primo mandato, dal 2020), Enel (l’ad Francesco Starace al terzo mandato, dal 2014), Eni (l’ad Claudio Descalzi al terzo mandato, dal 2014), Leonardo (l’ad Alessandro Profumo al secondo mandato, dal 2017), Poste Italiane (l’ad Matteo Del Fante al secondo mandato, dal 2017), Terna (l’ad Stefano Donnarumma al primo mandato dal 2020). Secondo i calcoli elaborati dallo centro studi Comar, soltanto per queste sei società, si prevede la nomina di poco meno di 80 consiglieri, cui si aggiungono circa 40 sindaci. Quotate ma non solo. La lista si allunga poi con la galassia delle società del Mef, controllate anche indirettamente per il tramite di Cdp. La partita si preannuncia intensa e sono attese novità se si considera che per la precedente tornata a decidere era stato il governo giallo-rosso. Per le ‘big’ quotate, c’è una regola non scritta che prevede il cambio dei vertici dopo il terzo triennio, ma non è vincolante e la situazione economica, in particolare quella dell’energia, potrebbe favorire la deroga a tale principio.