Mutui e spread, pesano mosse Bce in attesa di manovra e Pnrr

(Adnkronos) – Il rialzo dei tassi di interesse pesa sui mutui, non solo l’ultimo ritocco al 4,5% ma l’intera sequenza di dieci interventi consecutivi sul costo del denaro, e le decisioni comunicate sull’acquisto di titoli pesano sullo spread, in particolare su quello di un Paese ad alto debito come l’Italia. Le ultime mosse della Bce stanno obiettivamente mettendo in difficoltà chi aveva scommesso sul tasso variabile, e chi deve accendere un nuovo mutuo, e rischiano anche di alimentare nuova tensione sui mercati finanziari. Su tutti e due i fronti, mutui e spread, le notizie di oggi iniziano a disegnare lo scenario dei prossimi mesi. Anche se molto dipenderà dalle scelte di politica economica del governo, partendo dalla manovra e dall’attuazione del Pnrr.  

 

Con riferimento ai tassi applicati sui mutui per acquisto abitazioni, l’Abi segnala che negli ultimi 4 mesi il tasso medio sui mutui a tasso fisso è stato sempre inferiore a quello dei mutui a tasso variabile. Non solo, la forbice è andata allargandosi: a luglio, il tasso sui mutui a tasso fisso è stato il 4,04% rispetto al 4,59% di quelli a tasso variabile; a giugno 4,13% rispetto a 4,47%; a maggio 4,15% rispetto 4,40%; ad aprile 4,06% rispetto 4,33%. I mutui a tasso fisso sottoscritti nel 2020 mantengono un tasso medio dell’1,31% e quelli sottoscritti nel 2021 dell’1,40%, nonostante gli aumenti dei tassi Bce. Questo vuol dire che ci è stato attratto, perché consigliato male o per scelta autonoma, dal vantaggio nel breve termine del tasso variabile si trova oggi a pagare il prezzo di una scelta che poteva essere ponderata in maniera diversa.  

 

Lo spread tra Btp e Bund ha chiuso in rialzo a 180 punti, in salita rispetto ai 178 punti di inizio seduta. Il rendimento del decennale italiano sale di 5 punti al 4,5%. La ragione principale che spinge il alto il differenziale con i titoli tedeschi è che la Bce da ottobre ridurrà l’acquisto di titoli di Stato, facendo risalire gli interessi sul debito pubblico. Per Italia questo potrebbe tradursi un conto più alto da pagare di 20 miliardi all’anno. Il trend, secondo la previsione degli analisti, dovrebbe portare a un costante aumento almeno fino alla fine dell’anno. Morgan Stanley sostiene che il differenziale continuerà ad allargarsi fino a oltrepassare la soglia di 200 punti base. 

 

In questo scenario, le scelte del governo e della maggioranza che lo sostiene avranno un ruolo significativo. L’avanzamento dei progetti del Pnrr, la prossima manovra finanziaria e la ratifica del Mes sono tre fattori che possono mitigare, o al contrario esasperare, la tendenza che si è innescata con la politica monetaria, impegnata nella lotta all’inflazione. Risposte convincenti sul piano della politica economica potrebbero neutralizzare parte della spinta al rialzo dello spread, la litigiosità interna e nell’interlocuzione con il resto d’Europa potrebbe al contrario innescare una nuova spirale speculativa. (Di Fabio Insenga) 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version