Mafia, boss contro Riina: “Eravamo padroni del mondo, ora è finito tutto”

(Adnkronos) – “Io mi faccio il conto che eravamo i padroni del mondo perché tu andavi da una parte e trovavi il portone aperto”. “No, tutte cose sono finite. Quando una persona ha il delirio di onnipotenza… Nella vita per far funzionare qualsiasi cosa ci vuole equilibrio. Tiri la corda e la rompi… perché si è mangiato tutto e ha portato alla distruzione. Ti dico una cosa, sarebbero cambiati lo stesso i tempi, ma però non saremmo combinati in questa maniera… non con tutti questi pentiti”. “Perché tu pensi che se lui non si fosse comportato così, ci sarebbero stati tutti questi pentiti?”. Ragionavano Antonino Anello e Gioacchino Badagliacca, arrestati dai carabinieri nell’ambito del blitz antimafia che ha colpito il mandamento di Palermo e, in particolare, la famiglia di Rocca Mezzomonreale. Sette le misure cautelari emesse dal gip ed eseguite all’alba tra Palermo, Riesi e Rimini.  

Non sapendo di essere intercettati discutevano sui motivi che – a loro dire – avevano portato al progressivo indebolimento di Cosa nostra. Il dito è puntato, spiega il gip Lirio Conti nell’ordinanza di custodia cautelare, contro “la feroce gestione” dell’associazione da parte dell’allora capo indiscusso Totò Riina, che aveva portato all’esecuzione di omicidi eccellenti di appartenenti alle forze dell’ordine e di persone estranee a Cosa nostra nell’ambito del suo progetto stragista. “Quando tu metti mano con gli sbirri ma che senti fare (che vuoi fare, ndr)? – diceva Gioacchino Badagliacca – Ma poi non è nel dna di questa cosa. Le bombe là fuori, fare morire gente innocente… Queste cose onesto sono? Cose di un cristiano che ha onore? Ma perché se muori tu, muore tua figlia a te ti piacerebbe? Che è innocente”.  

Una strategia che, secondo il ragionamento di Badagliacca condiviso da Anello, aveva portato in tanti a non credere nei ‘principi’ dell’organizzazione mafiosa, indirizzandoli verso la scelta di collaborare con la giustizia. Un dialogo, in cui scrive il gip, “si percepiva il rammarico dell’uomo d’onore che aveva visto indebolirsi l’organizzazione a cui ancora si fregiava di appartenere secondo una scelta oltranzista e ortodossa”. “Non è che uno vuole giustificare – ragionava ancora il boss -, perché uno nella vita fa una scelta e la deve portare sempre avanti fino alla morte, però ha portato al punto le persone a non credere più in quello che fa”.  

Una critica che investiva non solo la ‘gestione’ Riina ma anche quei mafiosi che si erano alleati con lui, tra i quali lo storico capomandamento Antonino Rotolo, per il quale secondo Badagliacca e Anello, era già stata decretata la condanna a morte, scongiurata solo grazie alla carcerazione. “Nino Rotolo è vivo perché è stato arrestato…”. I due interlocutori, annota il gip nell’ordinanza, interloquivano anche della ‘statura’ mafiosa di Tommaso Buscetta. “Tuo nonno mi dice che era un cristiano con sette paia di cog…”, tagliava corto Anello.  

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