(Adnkronos) – “Io ho vissuto il bullismo quando ancora non esisteva la parola. So cosa significa la pipì nelle scarpe che lasci quando fai ginnastica, la parola ‘ricchione’ scritta sul libro o la risatina che fanno quando viene fatto il tuo cognome all’appello. Quante volte ho desiderato abbandonare la scuola, ho resistito e mi sono anche laureata”. Lo confida Vladimir Luxuria all’Adnkronos, commentando la notizia del 13enne palermitano suicidatosi, forse perché vittima di bullismo per via del proprio orientamento sessuale.
“Il problema, oggi, è che non fanno entrare nelle scuole persone che possono parlare di contrasto al bullismo anche di tipo omofobo e transfobico. Ma perché? Secondo anche illustri esponenti di questo governo con un programma del genere si vogliono irretire gli adolescenti, come se parlando di temi legati alla sessualità si voglia convertire gli adolescenti da etero in gay. Le persone che possono aiutare i ragazzi in difficoltà e vittime di bullismo non li fanno entrare, ma il bullismo entra nelle scuole. Quante vittime ci sono di cui noi non sappiamo nulla Di quante altre tragedie non sappiamo il reale motivo dell’estremo gesto? Invito nuovamente il ministro dell’istruzione e il ministro delle pari opportunità a smettere di parlare di ideologia gender. Nessuno vuole più gay domani, vogliamo meno omofobi e vogliamo meno morti oggi e domani”.
Per quanto riguarda il Ddl Zan e la sua utilità, anche in casi del genere, Luxuria risponde che potrebbe essere fondamentale nel dare una mano: “Assolutamente sì. Troppo spesso si è concentrati sull’aspetto punitivo del Ddl Zan, cioè del fatto che si applicano le stesse aggravanti previste dalla legge Mancino per chi commette dei reati di odio legati all’appartenenza religiosa o etnica. Ma c’é tutta una parte molto ricca del Ddl proprio di contrasto al bullismo e di campagne educative che farebbero bene a tutti. Non è importante sapere per chi votano o meno la famiglia o i genitori di questi ragazzi, è importante sapere che una persona che viene bullizzata non si senta sola. Deve sentire di avere delle leggi che lo sostengono, delle iniziative. Mi chiedo se in quella scuola fosse entrata una persona a spiegare che essere gay non è una malattia, che il problema non è la vittima ma gli odiatori, forse avrebbe potuto salvare una vita. Perché, come diceva qualcuno, chi salva una vita salva il mondo intero”.
Vladimir Luxuria si è poi lasciata andare ai ricordi raccontando di come, trovando tanta forza interiore, senza una rete familiare o amicale, sia riuscita a concludere le scuole e non lasciarsi abbattere dai bulli. “Anni fa, quando ero adolescente io, di questi temi non se ne parlava e se lo si faceva era solo per denigrare. Non esisteva nemmeno la parola ‘bullismo’ perché era considerato normale. Quanti professori ho visto gira la testa dall’altra parte quando mi sfottevano se non addirittura essere complici. Ricordo ancora di una gita scolastica, quando eravamo tutti in pullman e io ero seduta negli ultimi posti. I ragazzi intonavano cori contro di me, uno addirittura prese il microfono davanti al conducente per sfottermi, con i professori presenti che facevano finta di niente”. “Oggi le sensibilità sono un po’ cambiate – ha concluso Luxuria- ma questi episodi ci ricordano che c’è tanto ancora da fare. Basta tirar fuori questa bufala dell’ideologia gender e del tentativo di irretire. Chi lo fa, soprattutto adesso davanti la morte di questo bambino di 13 anni, dovrebbero porsi dei dubbi. Almeno delle domande”.