Israele: “Hamas voleva usare armi biologiche, ecco il manuale”

(Adnkronos) – I miliziani di Hamas volevano produrre armi biologiche, classificate come armi di distruzione di massa, e in particolare la tossina botulinica per provocare un’intossicazione collettiva in Israele. Lo denunciano le Idf rendendo noto un manuale di 26 pagine che, spiegano, è stato trovato sequestrato ad alcuni dei terroristi entrati in Israele lo scorso 7 ottobre. Il documento, di cui Adnkronos ha visto una copia, contiene le istruzioni per produrre e utilizzare tossine botuliniche in grado di causare botulismo, malattia che colpisce il sistema nervoso causando paralisi e anche la morte. Nel testo si chiede ”a Dio, l’Altissimo, di accettare questo come una buona azione, che sia utile all’Islam, ai musulmani, al Jihad e a coloro che si impegnano nella causa di Dio contro gli infedeli”. 

I miliziani di Hamas non hanno utilizzato armi biologiche il 7 ottobre scorso, ricordano le autorità israeliane. Ma, precisano le fonti, la tossina botulinica è una delle più letali e, sostengono, ”un solo grammo in purezza è sufficiente per uccidere un milione di persone. Si tratta di un fatto scientifico”. Ma, precisano, ”ci sono alcune difficoltà pratiche nel raggiungere un sufficiente grado di purezza e nel diffonderlo su larga scala”.  

Sta di fatto che il botulino è ”un’arma biologica non cara e che non richiede tecniche sofisticate” per essere prodotta (il manuale). Anche se non sufficientemente puro da essere altamente letale, il risultato finale è una polvere che può essere facilmente trasferita e utilizzata, inalata o ingerita. Sviluppata in vitro, la tossina può essere aggiunta ai cibi o diffusa nell’aria. In caso di intossicazione da botulino, il paziente deve ricevere ossigeno e un’antitossina che funga da antidoto. Ed è questa l’unica cura possibile, spiegano fonti israeliane, aggiungendo che un rinvio della somministrazione può portare alla morte. 

Il manuale sequestrato ai miliziani di Hamas è composto da sei capitoli. A partire da quello che istruisce alla ricerca del batterio che produce la tossina per separarlo dagli altri. Il secondo capitolo dà indicazioni per individuare le condizioni necessarie per riprodurre la tossina in vitro. Segue un capitolo su come separare e purificare la tossina e un altro sulla misurazione della concentrazione della purezza della tossina stessa. Si parla poi di come conservare la tossina e infine, al capitolo sei, di come usarla come ”arma biologica”. 

Vengono quindi elencati gli strumenti necessari, come ad esempio frigoriferi, laboratori dove condurre test medici, un forno per sterilizzare e pulire gli strumenti, un servizio di asciugatura a basse temperature, attrezzature sterilizzate, tubi per la coltivazione dei batteri, barattoli sigillati, reti per trasferire i batteri, un incubatore a temperatura costante per far crescere i batteri e microscopi. 

Gli stessi terroristi sono ben coscienti della pericolosità della tossina tanto che, si legge nel documento, ”anche una piccola quantità può portare alla morte dopo che entra nel corpo attraverso il naso o la bocca” per cui, si avverte, chi la maneggia ”deve seguire precauzioni precise”. Dopo aver indicato una serie di preghiere da eseguire, il documento vieta di mangiare all’interno dei laboratori e impone di indossare sempre una mascherina, un paio di occhiali e dei guanti. Bicchieri, altri oggetti di plastica e tutte le superfici, viene indicato, vanno sterilizzati con acqua e una soluzione con candeggina al 10 per cento. Si chiede poi l’assunzione di ”un antidoto ogni due settimane” e si spiega che questo ”è disponibile nei centri vaccinali della maggior parte dei Paesi”. 

Si parla anche degli ”animali morti” che, ”se possibile, vanno sepolti con l’uso di calce a una profondità significativa”. E’ inoltre ”vietato aspirare liquidi con la bocca” e ”vanno rimossi i vestiti utilizzati per entrate nel laboratorio”. Importante, ”per evitare confusione, registrare i dati e gli esperimentati”. Si segnala inoltre che ”preferibilmente il laboratorio dovrebbe essere collocato lontano dalle zone residenziali in modo da evitare danni alla popolazione in caso di fuga batteriologica”. 

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