(Adnkronos) – Israele stringe d’assedio Gaza per preparare l’attacco dopo l’azione di Hamas. La nuova fase dello scontro è ancora evitabile? Come si muoverà Israele? Hamas come agirà? Ci sono attori esterni che possono intervenire?
Secondo Cinzia Bianco, analista dell’European council on foreign relations (Ecfr) di Roma, Egitto e Qatar nulla possono in questa fase: quello che è successo sabato, l’11 settembre di Israele, scatenerà “una reazione infernale, l’escalation è inevitabile, l’unica cosa che si può cercare di evitare è la regionalizzazione del conflitto”, dice all’Adnkronose senza farsi illusioni sugli sviluppi delle prossime ore, salvo ritenere che per Israele non si aprirà un secondo fronte al nord con Hezbollah, che “non ha interesse a intervenire, ma solo a distrarre” le forze dello Stato ebraico.
“Né Doha né il Cairo possono fare nulla contro l’escalation nel breve termine – dice Bianco all’Adnkronos – Di fronte all’umiliazione subita con l’attacco di Hamas non c’è mediazione che tenga”. L’unica cosa che si può fare, secondo l’analista, è tentare di evitare che il conflitto si regionalizzi, che entrino in gioco altri attori, come “Siria, Iran, Russia: è possibile seppure molto difficile”.
“Hezbollah non ha interesse a intervenire”
E’ per questo, per esempio, spiega l’analista, che gli Emirati hanno parlato con il presidente siriano Bashar al Assad, perché facesse pressione su Hezbollah. Che “non ha interesse a intervenire” contro Israele, ma, di fronte alla prospettiva di “una vittoria schiacciante contro Hamas, sta solo cercando di distrarre le forze israeliane” con il lancio di razzi e missili di queste ore.
Ma per sottolineare quanto sia difficile evitare la regionalizzazione della guerra, “dove c’è troppa roba, per cui l’impatto non può restare nei confini di Israele e Palestina”, Bianco cita due dati: “I militanti di Hamas entrati nel sud di Israele con i deltaplani dove sono stati addestrati? E poi, cosa voleva ottenere il movimento di resistenza islamico con l’attacco di sabato? Che ci siano state o meno decapitazioni come quelle dell’Isis, con la strage al rave Hamas ha perso tante simpatie, non solo in Occidente e nell’opinione pubblica filopalestinese in Europa, ma anche in Paesi come l’India o la Cina”.
Probabilmente, è il ragionamento dell’esperta dell’Ecfr, “uno degli obiettivi era quello di polarizzare le opinioni pubbliche e riaccendere le divergenze storiche, profondissime, tra il mondo arabo e l’Europa, mentre si cerca di associare il fronte pro Ucraina al fronte pro Israele. L’inevitabile vicinanza europea ad Israele viene usata nel mondo arabo per accusare gli europei di ipocrisia, quando chiedono solidarietà allo stesso mondo arabo con l’Ucraina, visto che, per l’opinione pubblica araba, Israele è proprio coma la Russia, l’invasore”. E intanto, nonostante le dichiarazioni in chiaro con le quali si assicura che il processo continua, è invece “sospeso fino a nuovo ordine” il riavvicinamento tra Israele ed Arabia Saudita, chiosa Bianco.
A Gaza, Hamas ha realizzato una rete di tunnel per favorire comunicazioni e operazioni logistiche. “Quella dei tunnel è una tattica impiegata soprattutto da organizzazioni di guerriglia e ibride, ma non necessariamente. Basti vedere come si è sviluppata la battaglia di Mariupol o di Avdiïvka in Ucraina: anche in questo caso sono estesi i sistemi di tunnel, postazioni e bunker sotterranei. E’ chiaro che per organizzazioni come Hamas, che hanno un potenziale infinitamente minore rispetto alle Forze armate israeliane, questa tattica diventa centrale”, dice all’Adnkronos Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana Difesa (Rid).
“A ciò si aggiunge che Gaza è un’enclave completamente chiusa rispetto all’esterno, quindi per Hamas è una questione di vita – continua – E quando Israele ha distrutto i bunker, Hamas è sempre riuscito a ricostruirli in profondità e in maniera più efficiente di prima”. Anche nella guerra in Vietnam i Viet Cong usavano i tunnel: “Quella sotterranea è una delle dimensioni dell’arte militare: strategicamente, in un contesto come quello di Gaza, è ancora più pronunciata”. Uno degli obiettivi annunciati da Israele, ricorda Batacchi, è proprio lo “smantellamento dell’infrastruttura sotterranea di Hamas, non solo tunnel ma vere e proprie installazioni che custodiscono capacità vitali per il movimento, il comando e controllo, ma anche il deposito di munizioni”.
“Israele non ha alternative se non entrare a Gaza in profondità e in maniera duratura – conclude il direttore della Rivista italiana Difesa – E non è da escludere che sia Israele ad aprire un secondo fronte, anche al Nord, perché il deterrente israeliano, che è la stessa garanzia dell’esistenza dello Stato ebraico, è stato ridicolizzato il 7 ottobre (con l’attacco di Hamas ndr). Israele ha la necessità, dal punto di vista politico e strategico, di ricostituire questo deterrente”.