Innovazione, realizzato il cronometro che indaga l’attività delle cellule

(Adnkronos) – Realizzato un cronometro ‘futuribile’ che indaga l’attività delle cellule. Il cronometro è infatti capace di investigare cosa accade all’interno di una cellula con una precisione dell’ordine dei millesimi di miliardesimi di secondo. E’ questo il lavoro che fa la piattaforma open-source BrightEyes-Ttm realizzata dal team di ricerca guidato da Giuseppe Vicidomini all’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), a Genova. L’Istituto spiega che si tratta del “primo strumento mai realizzato per studiare come le molecole cellulari si comportano per far funzionare il nostro organismo” e che il ‘cronometro’ “potrà essere applicato per lo studio di quei malfunzionamenti molecolari che subentrano quando una cellula sana si ammala”. La tecnologia è stata descritta sulla rivista internazionale Nature Communications e potrà essere replicata, seguendo la filosofia ‘open science’, da altri ricercatori nei loro laboratori o da qualsiasi appassionato di tecnologia e abile ‘maker’. 

Visualizzare e studiare il movimento di una specifica molecola all’interno di una cellula è una vera sfida a causa delle loro dimensioni microscopiche. Gli scienziati e tecnologi dell’Iit ricordano che l’uso dei microscopi ottici non è sufficiente se non si dispone di uno strumento in grado di distinguere una specifica molecola dalle migliaia di altre molecole che si trovano lì presenti. Il gruppo di Iit sfrutta “la tecnica della fluorescenza, ovvero la capacità di specifiche molecole di diventare luminose quando colpite da una luce, registrando i segnali di luce con uno speciale sensore in grado di registrarla a pacchetti, scomposta nei fotoni, cioè nella sua più piccola componente” e “ciò permette di ricavare informazioni sulla posizione e sulla quantità delle molecole presenti all’interno della cellula”. 

Il sensore, chiamato Spad array detector, è in grado di ottenere immagini con più dettagli, meno sfocate e ad alto contrasto e registra l’accendersi e lo spegnersi delle molecole fluorescenti, quando vengono colpite dalla luce. I ricercatori si sono focalizzati sulla possibilità di registrare il tempo che intercorre tra l’assorbimento della luce laser e l’emissione del ‘quanto’ di luce o fotone, il cosiddetto tempo di vita, il quale può dare più informazioni rispetto a quelle ottenute dalle sole immagini, come dettagli sulla struttura o sul microambiente in cui la molecola si trova. “La combinazione di immagini e tempo di vita può fornire una visione globale della funzione che specifiche molecole svolgono all’interno delle cellule” argomentano i ricercatori. 

Il tempo di vita è rappresentato da tempi molto brevi, millesimi di miliardesimi di secondi e la nuova piattaforma BrightEyes-Ttm è capace di registrare il momento esatto in cui le particelle di luce vengono rilasciate e giungono sul sensore, rappresentando di fatto un cronometro per le interazioni molecolari che accadono all’interno delle cellule. Lo sviluppo della piattaforma è stato reso possibile da un team multidisciplinare di ingegneri, fisici e biologi, e dal supporto economico da parte di progetti finanziati dall’European Research Council, dalla Fondazione San Paolo e dal programma dell’Unione Europea Horizon 2020. 

L’Istituto Italiano di Tecnologia sottolinea che i ricercatori e le ricercatrici di Iit stanno già applicando la piattaforma BrightEyes-Ttm nell’ambito della ‘Rna initiative’, un’iniziativa targata Iit che unisce laboratori e ricercatori di discipline diverse con focus sull’Rna. Infatti, lo studio del tempo di vita di proteine e molecole di Rna coinvolti in malattie neurodegenerative, permetterà di studiare come queste due classi di molecole interagiscono tra di loro prima e dopo i processi patologici che portano i neuroni a morire.  

Essendo un sistema open-source, L’Iit spiega infine che BrightEyes-Ttm rappresenta “un metodo economico per investigare i processi dinamici delle molecole a disposizione di tutta la comunità scientifica internazionale che intenda utilizzarla, o modificarla per adattarla ai propri sensori”. Ed i ricercatori dell’Istituto genovese sono convinti che la condivisione della piattaforma con l’intera comunità scientifica getterà le basi anche per applicazioni non biologiche, come la microscopia quantistica. 

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