(Adnkronos) – Influencer. La Francia sarà la prima nazione al mondo ad emanare una legge che disciplina l’attività degli influencer. Un fenomeno questo non più solo mediatico ma economico tanto, che secondo dati recentissimi, entro il 2029 definirà un mercato in Rete dal valore di oltre 70 miliardi di dollari. Ma che cos’è oggi un influencer?. Secondo l’Enciclopedia Treccani (che peraltro solo da poco ha aggiunto il vocabolo alla sua lista) è un: “personaggio di successo, popolare sui network e in generale molto seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico”. La legge francese (già approvata dall’Assemblea Nazionale alla fine dello scorso marzo e in votazione in questo mese di maggio al Senato) inibisce agli influencer alcune attività (come la promozione della chirurgia plastica, la vendita di prodotti finanziari, delle criptovalute, di prodotti palesemente contraffatti); per altre attività (come la promozione del gioco e/o delle scommesse on line) impone informazioni al pubblico sui possibili rischi; per altre attività ancora dispone procedure di trasparenza obbligatorie volte ad esplicitare il contenuto pubblicitario di video o di foto. Una norma di civiltà e buon senso che, si spera, sia imitata da altri Paesi.
Plagio. Due settimane fa abbiamo segnalato sul Promemoria la causa della star inglese Ed Sheeran per un possibile plagio di un vecchio hit di Marvin Gaye peraltro non di tutto il brano musicale bensì solo di una parte degli arrangiamenti. Un caso rilevante per tutta l’industria musicale. Ora una attenta lettrice mi segnala che già tre anni fa la diva americana Kate Perry fu giudicata colpevole di plagio da un tribunale di Los Angeles per aver “copiato” il suo famoso hit “Dark horse” da un brano (“Joyful Noise” del 2009) del semi-sconosciuto rapper Marcus “Flame” Gray. Il dibattito in aula è stato all’epoca molto interessante perché la difesa della Perry ha, in un primo tempo, sostenuto la sua totale buona fede ed estraneità poi ha parlato semmai di una possibile e involontaria “citazione” (con riferimento proprio alla base ritmica molto comune in diversi brani pop) che mai può qualificare un plagio. Il Tribunale gli ha dato torto ma ha anche sottolineato l’incertezza di quando si può parlare di citazione (ammessa) e quando è plagio (vietato perché “appropriazione indebita” del frutto dell’ingegno creativo di altri). Su questa base pochi mesi dopo un Tribunale Federale ha assolto la Perry e ribaltato la sentenza confermando quanto sia difficile stabilire la linea di confine (estremamente sottile) tra plagio e citazione. C’è addirittura chi sostiene che, in realtà, tutta la storia della musica è stata, più o meno, costruita su “plagi” (o forse su citazioni) di autori ed opere già esistenti.
Cleopatra. È scoppiata una “curiosa” querelle tra il governo egiziano e Netflix relativa alla docuserie dedicata a Cleopatra da pochissimo in Rete. Le autorità egiziane (in particolare il Supremo Consiglio delle Antichità l’agenzia governativa che supervede tutte le eredità storiche egiziane in ogni settore) ha protestato perché la protagonista della serie TV è un’attrice di colore mentre gli storici egiziani ritengono che la vera Cleopatra (discendente dalla famiglia dei Tolomei, macedoni arrivati in Africa con Alessandro Magno) non lo fosse. Si è aperto un dibattito storico-mediatico piuttosto peculiare, ma comunque, quale ne sarà l’esito, è difficile che nel grande pubblico venga scalfita l’immagine di Cleopatra fissata negli anni 60 da una impareggiabile e stupenda Elisabeth Taylor. (Di Mauro Masi)