‘Infermieri saranno supplenti dei medici di famiglia’, bufera su Moratti

(Adnkronos) – “Gli infermieri avranno un ruolo anche in tema di cure primarie, offrendo supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di medicina generale. Una sperimentazione” è “in corso presso alcune Asst” e “sarà oggetto di valutazione”. Sono queste le parole contenute esattamente in un passaggio del discorso che la vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, ha pronunciato ieri intervenendo a un Convegno della Sidmi (Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche). Parole usate per sottolineare il “ruolo chiave” di queste figure “anche nel rafforzamento della medicina territoriale”. Ma che hanno suscitato diverse reazioni non positive nel mondo dei medici e della medicina generale.  

A cominciare dai sindacati. “Infermieri supplenti dei medici di famiglia”, chiede la Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) in una nota, bollando come “irrispettose, se confermate, le dichiarazioni di Letizia Moratti. “Irrispettose nei confronti dei medici e del loro lavoro”, entra nel merito la Fimmg, e “irrispettose nei confronti degli infermieri, come se questi ultimi fossero dei ‘piccoli medici’ e non avessero una professionalità distinta e autonoma. Soprattutto, però, sono parole sconcertanti per i cittadini lombardi, molti di loro privi del medico di famiglia, che si vedono proporre come ‘supplente’ un infermiere. Qui non si tratta più di task shifting, ma di politiche di guerra o da Paese in via di sviluppo – alza il tiro il sindacato – Certo, in un contesto di questo tipo, sembra superfluo discutere di responsabilità professionali o di problemi assicurativi”. 

“A questo punto chiudiamo le scuole di specializzazione”, tuona Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed (cui aderiscono Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed). “Cosa studiamo a fare per 11 anni, noi medici, se poi ai non specialisti delle cooperative è consentito lavorare in ospedale e adesso agli infermieri lombardi è addirittura concesso di essere i supplenti dei medici di medicina generale? Ma cosa li teniamo a fare corsi di laurea di 6 anni e scuole di specializzazione di 4-5 anni se quello che vi impariamo non è ritenuto necessario per il nostro lavoro? Se la risposta alla carenza dei medici è assumere chiunque possa fare compagnia al paziente, senza considerare la sua formazione, trasformiamo il corso di laurea in Medicina in un corso triennale e aboliamo le specializzazioni – è la provocazione di Quici – Risolveremmo i problemi di organico in un batter d’occhio. Tanto evidentemente la sicurezza delle cure e la tutela della salute dei cittadini non interessano più a nessuno”. 

Infine una pioggia di domande: “L’assessore Moratti – prosegue Quici – si è forse dimenticata che diagnosi e prescrizione delle terapie spettano al medico? Cosa dovrebbero fare gli infermieri-supplenti? E pensa davvero che ci siano infermieri disposti a rinunciare al loro ruolo fondamentale di assistenza al paziente per caricarsi di responsabilità cui non sono preparati? Sarebbe pronta a farsi visitare e curare da chi non ha le competenze adeguate, e spiegare ai cittadini che chiunque è meglio di nessuno? E a raccontare onestamente che la situazione in cui oggi si trova la Lombardia è frutto di anni di errata programmazione, e non di chissà quale disastro imprevedibile”? 

“Sulla salute delle persone non si scherza. La Federazione Cimo-Fesmed – conclude Quici nella nota – continuerà a difendere il ruolo dei medici da ogni attacco di questo tipo e in ogni ambito, anche se il disegno globale appare sempre più chiaro: abbassare sfacciatamente il livello della sanità pubblica per arrivare alla sua privatizzazione. Ma noi non siamo disposti a rimanere inermi a guardare”. 

A insorgere sono anche i presidenti degli Ordini provinciali dei medici della regione. “Le recenti affermazioni di Letizia Moratti su ‘infermieri come supplenti dei medici di famiglia per affrontare la carenza’ non possono che destare stupore, anche se si inseriscono in un contesto di precedenti esternazioni che denotano la mancata conoscenza dei reali problemi e della concreta quotidianità della sanità territoriale, ma anche dei fondamenti dei diversi ordinamenti professionali vigenti nel nostro Paese, non derogabili certamente da un assessore che, anzi, dovrebbe esserne il garante”, scrivono in una nota ricordando che “la legislazione vigente affida la diagnosi e la prescrizione della terapia al medico, configurandosi, in alternativa, un reato penalmente perseguibile. E’ singolare che un assessore non si renda conto della diversità tra il profilo professionale del medico e quello dell’infermiere, che non abbia compreso come le due figure non possono sostituirsi tra loro”, puntualizzano i presidenti dei camici bianchi lombardi, evidenziando “come da anni si stia dicendo e come si prefiguri sia nel cosiddetto Dm71 che nel Pnrr” che queste due figure “debbano integrarsi in un lavoro di équipe, da svolgere fianco a fianco e non a chilometri di distanza, come sembra invece apparire in alcune progettualità”, e “che sia utile una miglior definizione delle attuali funzioni delle due figure professionali proprio per evitare sovrapposizioni e confusioni inappropriate”.  

Uno scenario “come quello prefigurato dall’assessore Moratti – continuano gli esponenti della federazione regionale degli Ordini medici (Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine di Como e della Fromceo; Pierfranco Ravizza, Lecco; Guido Marinoni, Bergamo; Ottavio Di Stefano, Brescia; Gianfranco Lima, Cremona; Massimo Vajani, Lodi; Stefano Bernardelli, Mantova; Roberto Carlo Rossi, Milano; Carlo Maria Teruzzi, Monza Brianza; Claudio Lisi, Pavia; Alessandro Innocenti, Sondrio; e Giovanna Beretta, Varese) – aprirebbe ad infinite problematiche di responsabilità professionale, nel merito delle quali sembra inutile esprimersi, anche in considerazione delle caratteristiche ‘estive’ di queste esternazioni”.  

“Forse – proseguono – è meglio considerarle un equivoco comunicativo, comunque inquietante, quando proviene da un’esponente di punta di una Regione che si ostina a proporsi come in grado di produrre modelli avanzati di assistenza. Lasciamo il giudizio ai soggetti più direttamente interessati, i cittadini lombardi e in loro rappresentanza ai sindaci, che stanno dimostrando di comprendere benissimo la sostanza dei problemi”. Problemi “tra i quali si colloca anche la carenza di infermieri”, i quali “crediamo quindi non abbiano il tempo di proporsi come surrogati e seconde scelte di altri. Per parte nostra ribadiamo la disponibilità degli Ordini lombardi a collaborare alle ipotesi di riforma del nostro Servizio sanitario, certi di poter fornire un rapporto di competenza che, comunque, è espressamente previsto dalla legge, anche se, nei fatti, dalla nostra Regione fino ad oggi del tutto trascurato”. 

 

 

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