(Adnkronos) – Scoppia la polemica politica in India, dopo che il palazzo presidenziale ha mandato ai leader del G20 l’invito per la cena di sabato sera a nome del ‘presidente di Bharat’, Droupadi Murmu, invece che del ‘presidente dell’India’. Bharat è il nome in sanscrito del Paese, India è il nome con il quale la chiamavano gli antichi greci e che è sempre stato usato dall’impero britannico. Il fatto di ricorrere alla prima dizione rientrerebbe negli sforzi del Bjp, il partito nazionalista hindu del premier Narendra Modi, di eliminare tutti i nomi che hanno a che fare con il passato coloniale. E quindi di ribattezzare il Paese.
“La parola India è un abuso, un nome dato dai britannici mentre la parola ‘Bharat’ è simbolo della nostra cultura”, ha detto il parlamentare del Bjp, (il partito nazionalista del premier Narendra Modi), Harnath Singh Yadav. “Un altro colpo alla mentalità schiavista”, ha fatto eco il leader del partito nello stato di Uttarakhadn, Pusshkar Singh Dhami.
Ma il gesto sembra anche diretto all’opposizione, da luglio riunita sotto la sigla I.n.d.i.a. (Indian National Developmental Inclusive Alliance), alleanza nata in vista del voto del prossimo anno allo scopo di fare muro contro una nuova vittoria di Modi.
“Sebbene non vi sia alcuna obiezione costituzionale a chiamare l’India ‘Bharat’, che è uno dei due nomi ufficiali del Paese, spero che il governo non sia così sciocco da rinunciare completamente a ‘India’, che ha un valore incalcolabile in quanto marchio costruito nel corso dei secoli”, ha dichiarato il deputato dell’opposizione Shashi Tharoor su X, secondo cui gli indiani dovrebbero “continuare a usare entrambe le parole piuttosto che rinunciare a un nome ricco di storia, un nome riconosciuto in tutto il mondo”. E dall’opposizione qualcuno ha anche ironizzato: se la nostra alleanza dovesse chiamarsi Bharat, il governo tornerebbe a preferire India