(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – Parla sarcasticamente di “turismo croceristico” e di “viaggi esotici”, poi ricorda che i trafficanti di esseri umani “non sono quattro amici al bar” ma fanno parte “di una vera e propria organizzazione”. Tra sarcasmo e provocazione, il gip del Tribunale di Crotone Michele Ciociola ha scritto le 47 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare con cui conferma il carcere per i due scafisti arrestati domenica dopo il naufragio sulle coste di Cutro, nel crotonese, costato la vita ad almeno 68 persone, mentre decine sono ancora i dispersi. Ma il gip ricorda anche che chi è morto è stato “vittima di uno stato di necessità non altrimenti fronteggiabile se non alla mercé di disperati viaggi della speranza”.
Ma cosa scrive il gip nell’ordinanza a carico di Sami Fuat, turco di 50 anni e Khalid Arslan, 25enne pakistano? “In attesa dell’atteso ed osannato turismo crocieristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni”. “Nel frattempo – aggiunge il giudice – immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche (nel caso in specie, tuttavia, emergono appendici strutturali pakistane) brindano all’ultima tragedia umanitaria (il disastroso terremoto che inghiottiva parte della Turchia e della già martoriata Siria) che regalerà ai loro traffici ulteriori miriadi di disperati – sottolinea – disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente ed un ancor più fosco futuro. Nel frattempo ha trovato tragica epifania quanto già in tante occasioni sfiorato e preconizzato”, si legge nel provvedimento che fa discutere. “Lungi dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina”.
Poi approfondendo l’inchiesta condotta da carabinieri e dalla Guardia di Finanza, coordinati dal Procuratore Giuseppe Capoccia e dal pm Pasquale Festa, il gip di Crotone ribadisce che sono “sussistenti i gravi indizi nei confronti dei due indagati”. Cita anche un terzo scafista che però al momento è irreperibile. Il quarto è minorenne e il gip dei minori lo interrogherà solo domani. “Lo sbarco non può essere ritenuto frutto di un epifenomenico accordo tra quattro amici al bar – si legge ancora nel provvedimento – che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei dispersi medesimi”.
Il giudice poi spiega che “c’è il pericolo di reiterazione del reato” perché gli scafisti arrestato “hanno avuto una condotta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, ecco perché i due, Fami Fuat e Khalid Arslan devono restare in carcere. Potrebbero ripetere “nuove condotte di favoreggiamento di migranti a favore delle organizzazioni di appartenenza, anche sul territorio nazionale”. Considera i due scafisti “socialmente pericolosi”. Secondo il Gip “l’origine turca di uno dei due, ma anche di un terzo uomo di cui si sono perse le tracce, mal si concilia con la pretesa di confondersi tra i disperati”. Gli scafisti, a differenza degli oltre 180 passeggeri, non erano “ammassati nella stiva” ma potevano girare liberamente per la barca.
“Altri schiaccianti elementi a sostegno delle ipotesi accusatorie discendono dalle dichiarazioni dei soggetti escussi”, cioè dei superstiti, scrive ancora il Gip nell’ordinanza. “Priva di pregio, lo si anticipa al lettore, la eccepita sovrapponibilità delle dichiarazioni”. “Tutti gli escussi indicavano nei turchi Sami Fuat e Gun Ufuk i principali nocchieri del mezzo nautico”, scrive il giudice. “I colleghi pakistani Ishaq Hassnan e Kalid Arlan, invece avrebbero svolto attività accessorie funzionali alla gestione dei migranti, tanto sul territorio turco quanto sul mare aperto”.
“Altro elemento valorizzabile è dato individuare nella reazione di alcuni sopravvissuti che nel mentre principiavano i soccorsi, cercavano o dare sfogo alla loro disperazione aggredendo uno dei fermati”, dice ancora il gip di Crotone. “Lo sbarco in esame non può essere ritenuto frutto di un epifenomenico accordo tra quattro amici al bar che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei dispersi medesimi”.
“L’esistenza di strutture per ospitare i migranti prima della partenza, il servizio di trasporto sino ai natanti, la suddivisione dei ruoli, la presenza di canali di pagamento coinvolgenti l’apporto di terzi soggetti, il servizio di assistenza marittima rappresentano indici sintomatici di un solo dato fattuale: l’imperversare di una organizzazione”, scrive ancora il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. “Ai posteri il gravoso compito di raccogliere, valorizzare e riscontrare gli elementi sintomatici già agli atti”, scrive. “Trattasi di precipitato inevitabile, atteso quanto occorso a diversi migranti”. “Gli accadimenti possono agevolmente essere imputati a titolo colposo agli indagati, emergendo chiaramente i crismi del supposto coefficiente psicologico”.
“Tanto è dato assumere in ragione dell’elevato numero di passeggeri, delle condizioni del mare, della vetustà del natante, dell’ostinato rifiuto a chiamare i soccorsi, nonché della improvvida manovra in cui si spendevano i nocchieri per evitare per scappare dalle autorità italiane”.