Giulia Ligresti: “Io da innocente in cella, carcere non sia strumento di pressione”

(Adnkronos) – Riformare la giustizia, iniziando con i referendum. Giulia Ligresti, figlia del noto costruttore Salvatore ‘risarcita’ con 16mila euro per ingiusta detenzione nell’inchiesta Fonsai in cui patteggiò per reati da cui altri sono stati assolti, non ha dubbi che domenica 12 giugno si possa compiere un “primo passo” per un “cambiamento” di cui il Paese “ha bisogno”, a suo dire. “Credo che i quesiti referendari – spiega Giulia Ligresti all’Adnkronos – siano un punto di partenza importante per tornare a mettere il tema della giustizia al centro del dibattito politico. Temo che il referendum non arriverà al quorum, ma spero che in Italia si ricominci a discutere in Parlamento di una riforma della giustizia che riguarda tutti e che richiede interventi strutturali che vanno ben oltre cinque schede su cui tracciare una X per scegliere tra sì o no”.  

La vicenda dell’imprenditrice è emblematica: arrestata a Torino il 17 luglio 2013 quale vicepresidente di Fonsai il 2 agosto chiese di patteggiare. Il 28 agosto passò dal carcere ai domiciliari dopo una perizia sulle sue condizioni di salute, il 3 settembre ottenne dal gip di patteggiare 2 anni e 8 mesi, così il 19 settembre tornò libera. Fino a quando il 19 ottobre 2018 fu arrestata per scontare la pena patteggiata nel 2013, ma nel frattempo a Milano il fratello Paolo e due manager erano stati assolti per insussistenza di quei reati costati a lei la condanna. Un contrasto di giudicati che determinò lo stop all’espiazione della pena, la revisione della condanna e l’assoluzione l’1 aprile 2019 “perché il fatto non sussiste”. Di recente la corte d’Appello di Milano le ha riconosciuto l’equa riparazione dei 16 giorni (dal 17 luglio all’1 agosto 2013) nei quali ritiene Giulia Ligresti è stata ingiustamente detenuta in custodia cautelare, ma le ha negato il risarcimento dei giorni successivi “perché il patteggiamento è stato considerato un ammissione di colpa (peraltro insussistente)”, spiega.  

“Sono stata in carcere da innocente e costretta a patteggiare pur di uscire da quell’inferno e ritengo che la responsabilità dei magistrati sia uno dei temi meritevoli di essere affrontato con serietà”, sottolinea. “Il quesito sulla custodia cautelare (l’obiettivo è mantenere il carcere preventivo solo per pericolo di fuga o inquinamento delle prove) è sicuramente quello che sento maggiormente: l’uso del carcere come strumento di pressione, come dimostra il mio caso, deve far riflettere. Si tratta della libertà di una persona, di un argomento che può toccare ciascuno da vicino, e io voglio vivere in questo nostro bellissimo Paese sentendomi protetta”, conclude Giulia Ligresti.  

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