“Fertilità non è infinita, ragazzi lo imparino a scuola”, la proposta

(Adnkronos) – “La fertilità non è infinita. E i ragazzi devono impararlo già al liceo”. E’ il suggerimento che arriva da Filippo Maria Ubaldi, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità-medicina della riproduzione (Sifes-Mr). L’esperto, in occasione del congresso della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre), in corso a Milano fino a mercoledì 6 luglio, parla dell’importanza di una sorta di educazione alla fertilità da avviare già fra i banchi di scuola. Prima cioè che arrivi il momento ideale da un punto di vista ‘biologico’ per valutare la scelta di avere figli. “Sia ai ragazzi che alle ragazze bisogna spiegare tutto: come e quando si dovrebbe avere un bambino, quando è meglio concepirlo, quali possono essere i rimedi se, in quello che sarebbe la fase giusta della vita, non si vuole avere dei figli, per esempio la preservazione della fertilità. Dopodiché spetta al ragazzo e alla ragazza prendere una decisione consapevole”, evidenzia all’Adnkronos Salute.  

“Fino ad oggi, invece – analizza Ubaldi – le decisioni che sono state prese non sono state pienamente consapevoli di questi aspetti. Quando parlo con una donna di 42 anni e le spiego che è difficile avere un bambino a questa età, capita che si stupisca”. Un ruolo ce l’ha anche “l’informazione che talvolta viene veicolata dai media in maniera sensazionalistica, esaltando i casi di donne di 50-55 anni” che danno alla luce un bambino. “Questo ha un effetto: la donna di 40 anni che magari ancora non ha trovato il partner giusto o una sistemazione economica favorevole si convince che ha altri 12 anni per avere un figlio, non sapendo che noi smettiamo di fare procreazione medicalmente assistita con i propri ovuli in un’età molto anticipata rispetto ai 50 anni”. 

Venti anni fa, osserva l’esperto, “di questi temi non se ne parlava proprio. E adesso bisogna incidere sulle prossime generazioni di 18-25enni, affinché fra 10-15 anni abbiano questa consapevolezza. La società italiana di fertilità e sterilità ha fatto una campagna di informazione su questo fronte, andando nelle spiagge, nelle piazze, nei licei. Anche qui, però, non sempre le scuole sono aperte a questo tipo di attività formativa. E’ una questione culturale che va affrontata. Questi temi vanno affrontati prima dei 20 anni. L’informazione che va data è appunto che la fertilità non è infinita. Soprattutto la donna è stata ‘progettata’ per fare figli tra i 20 e i 32 anni. Quella è la fascia d’età in cui gli ovociti sono di migliore qualità, secondo dati scientifici pubblicati”.  

E questo, prosegue Ubaldi, “è il periodo migliore per fare figli. Dopo aumentano le difficoltà. Ed è giusto che le persone sappiano che, se si arriva a 40 anni, la probabilità di non avere figli inizia a diventare molto alta e ci può essere il rischio che, se si vuole una gravidanza, si debba far ricorso alla donazione di ovociti. Il problema principale è infatti che, aumentando l’età, diminuisce la probabilità di trovare uova che siano competenti, che possano cioè dare luogo a un embrione che può a sua volta portare a un bambino”.  

A questo punto, prospetta l’esperto, “una volta che si è appreso tutto ciò che c’è da sapere, la decisione può essere: faccio un figlio subito, che sarebbe la cosa migliore e auspicabile. Ma per fare un figlio subito ci vogliono politiche sociali che mi aiutino a realizzare il mio progetto. Oppure aspetto fino a 40 anni e rischio, e se il figlio non viene farò ricorso all’ovodonazione. Oppure, ancora, in quella fascia d’età in cui le uova sono migliori le preservo, le metto da parte. E poi, in caso non dovessi arrivare ad avere una gravidanza e fossi costretta a ricorrere alla procreazione assistita, potrò utilizzare le mie uova. Questo è il messaggio che dobbiamo dare”.  

 

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