(Adnkronos) – Il processo di progressiva riduzione del divario tra i prezzi medi lordi dell’energia elettrica per il settore industriale del nostro Paese e quelli più convenienti pagati nell’Area euro, che, iniziato nel 2017, era ripreso nel 2020 dopo l’interruzione del 2019, torna a mostrare segnali di inversione nel 2021, con un peggioramento della situazione per tutte le classi, eccetto che per la prima. E’ quanto emerge dalla relazione annuale 2022 di Arera.
In particolare, i differenziali rispetto all’Area euro per le ultime due classi (tra 20.000 e 70.000 MWh di consumo annuo, e tra 70.000 e 150.000 MWh), che erano divenuti addirittura negativi nel 2020, tornano positivi (passando rispettivamente dal -3% al +5% e dal -16% al +6%); a ogni modo, le differenze non riacquistano i valori antecedenti al 2017, quando i prezzi italiani di queste due classi erano in media superiori del +25% e del +15% rispetto a quelli dell’Area euro.
I prezzi italiani nel 2021 per la prima classe (
In termini di prezzi netti, il differenziale tra i prezzi italiani e quelli medi europei, che aveva subito una significativa contrazione nel 2020, cresce per tutte le classi. Continua invece tra il 2021 e il 2020 il calo del peso degli oneri e imposte, anche se ancora più alto rispetto all’Area euro.
Nel 2021 la crescita dei prezzi industriali italiani è interamente dovuta agli aumenti dei prezzi netti (che vi contribuiscono per una quota del +25%), a fronte di una contrazione della componente fiscale (cui compete un calo medio dei prezzi del -3%); la crescita dei prezzi dell’Area euro, minore di quella italiana e pari in media al +13%, è invece dovuta a un minor aumento dei prezzi netti e a una sostanziale stabilità delle componenti fiscali.
Passando al confronto con i principali paesi europei, i prezzi medi italiani al lordo degli oneri e delle imposte continuano, come da anni, a non essere quelli più elevati tra i principali paesi europei. I consumatori industriali di energia elettrica del nostro Paese, infatti, pagano prezzi più convenienti rispetto agli omologhi tedeschi. Il differenziale negativo è in media pari al -10% e va dal -7% della classe 20-500 MWh (con prezzo in Italia 22,97 c€/kWh e in Germania 24,68 c€/kWh) al -19% della classe 70.000-150.000 MWh (con prezzo in Italia 13,46 c€/kWh e in Germania 16,58 c€/kWh).