(Adnkronos) – La scelta delle persone può aiutare a descrivere, se non a cambiare, il corso della storia. Il nuovo ceo di Ftx, John J. Ray III, è lo stesso uomo a cui fu affidata, 21 anni fa, la gestione del fallimento della Enron. Allora era finanza tradizionale, oggi è industria cripto. In comune ci sono i meccanismi perversi che si innescano quando si arriva a una bancarotta che colpisce creditori, investitori e manager e spazza via quel legame minimo di credibilità e fiducia che è il presupposto di qualsiasi transazione, di qualsiasi titolo, di qualsiasi asset, fisico o virtuale che sia, a cui attribuire un valore economico.
Il tentativo di ricostruire quello che è successo serve anche a cercare di capire quello che potrà succedere ora. Le rassicurazioni via Twitter del fondatore Sam Bankman-Fried appartengono già inevitabilmente a un passato più utile alle indagini che al futuro. Il fattore che ha innescato la reazione a catena che ha portato al crack è piuttosto comune a buona parte dei casi simili. L’enorme disponibilità di denaro raccolto grazie alla fiducia degli investitori suggerisce di fare altro, di spingersi oltre, di prendere strade più brevi per continuare a guadagnare. A un certo punto, però, anche la finanza più aggressiva deve fare i conti con la realtà. Ftx è crollata nel momento in cui c’è stata una fuga simultanea degli investitori, alimentata dalle notizie sulle nuove abitudini della piattaforma di exchange: il finanziamento di operazioni rischiose di Alameda Research, una società di criptovalute fondata dallo stesso Sam Bankman-Fried, tenuta in piedi da capitale costituito token Ftt, criptovaluta creata da Ftx, e dal valore incerto. Non solo. Ad accelerare esponenzialmente l’implosione, sono state le scelte dell’unico soggetto che avrebbe potuto aiutare Bankman Fried, Binance e il suo proprietario, Changpeng Zhao. Grazie al primo investimento di Binance in FTX, Zhao aveva una grande partecipazioni in token FTT. Prima ha dichiarato che l’avrebbe scaricata interamente, facendo crollare il prezzo dei token. Poi, nel giro di 24 ore, prima ha annunciato un’offerta per rilevare Ftx e poi è tornato indietro sostenendo che la due diligence aveva evidenziato troppi problemi.
Quando il castello viene giù il conto non è virtuale, ma in dollari, 32 miliardi di dollari di buco. Il contrasto forte tra alchimia finanziaria e realtà è lo stesso che c’è in questo momento fra chi è chiamato a risanare, John J. Ray III, e chi, Bankman-Fried, si agita per recuperare almeno una parte della credibilità perduta.
Il fulcro del problema, guardando avanti, è legale e giudiziario. Primo obiettivo è quello di portare il contenzioso sui fallimenti negli Stati Uniti. Gli avvocati hanno chiesto di trasferire la procedura al tribunale fallimentare del Delaware dalle Bahamas, dove ha sede Ftx. Il secondo obiettivo, strettamente collegato, è tentare di recuperare almeno parte del denaro che sembra bruciato.
La lista dei creditori, ci sono anche 100mila italiani, è lunghissima e comprende altre realtà cripto, dai gruppi che controllano il token Solana a Binance, holding finanziarie più strutturate, come Softbank, fondi sovrani, come quello di Singapore. E ci sono anche personalità illustri dello sport e dello spettacolo americano, coinvolti sia come testimonial, e in credito per i loro contratti milionari con Ftx, sia per aver investito negli strumenti finanziari offerti dalla società. Da Tom Brady, insieme all’ex moglie Gisele Bundchen, a Stephen Curry, passando dall’intramontabile icona Shaquille O’Neal, ambasciatore di Ftx.
Come succede nei grandi scandali finanziari, per chi si è esposto di più, oltre al rischio di perdere soldi per aver creduto in qualcuno, c’è anche quello di perdere la propria di credibilità. (di Fabio Insenga)