Caso Orlandi, Lupacchini: “Accuse a Wojtyla Neroni indotto a fare quelle dichiarazioni”

(Adnkronos) – “Sulle affermazioni dell’ex della Banda della Magliana Marcello Neroni quello che mi interessa capire è quale scopo si proponeva chi lo mandò a fare quelle dichiarazioni”. Così l’ex magistrato Otello Lupacchini all’Adnkronos commenta l’audio sul caso Orlandi con le accuse a Giovanni Paolo II che hanno suscitato polemiche di recente dopo che la vicenda è stata riproposta dal fratello di Emanuela, Pietro Orlandi.  

Nella sua carriera Lupacchini si è occupato di alcuni dei fatti di sangue più noti dell’Italia, dall’omicidio del pm Mario Amato da parte dei Nar, a quello del banchiere Roberto Calvi e ha condotto l’inchiesta contro le nuove Br dopo l’omicidio del professor Massimo D’Antona. Ma il nome di Lupacchini è legato anche alla prima maxi retata contro la Banda della Magliana, di cui fu regista, l’operazione ‘Colosseo’, e per questo è grande conoscitore del gruppo criminale romano.  

“Neroni era un soggetto ‘border line’ rispetto alla criminalità e ai Servizi, quindi il vero problema è capire chi è perché lo abbia indotto, 14 anni fa, a fare quelle dichiarazioni a ruota libera. Cosa si voleva far succedere?”, si domanda. Periodicamente, ancora a distanza di anni, si torna a parlare della Banda della Magliana. “Dopo averne negato per anni l’esistenza stessa, mentre la Capitale era messa a ferro e fuoco, poi si è scoperto che poteva essere un trend, il condimento adatto da mettere ovunque – afferma Lupacchini – Oggi tutto è banda della Magliana, ma occorre parlarne per fatti accertati, per i fatti in cui invece non ci sono prove lì ognuno può raccontare ciò che vuole”.  

Lupacchini è intervenuto alla presentazione del suo libro ‘De Iniustitiae execratione’, che si è tenuta questa mattina presso la sala soci del Forum Sport Center a Roma. Alla presentazione del volume, edito da Città del Sole Edizioni, con un’anti-prefazione di Earl Derrik Sanson e in appendice un saggio di Ilario Ammendolia, hanno partecipato anche Davide Conti, storico, Giuseppe Rippa, direttore agenzia Radicale Moderna, e il giornalista Giuseppe Vecchio. Nel libro si ripercorre tra l’altro quanto accaduto all’ex Procuratore generale di Catanzaro, dopo le accuse che gli sono state rivolte di aver voluto denigrare alcune inchieste giudiziarie della Dda di Catanzaro e il lavoro di Nicola Gratteri. In particolare, all’indomani dell’operazione ‘Rinascita-Scott’ e degli oltre 300 arresti, Lupacchini aveva parlato di “evanescenza come ombra lunatica” di alcune operazioni della procura distrettuale di Catanzaro e per quella vicenda l’ex magistrato nel 2020 è finito davanti alla sezione disciplinare del Csm. “In quella evanescenza” spiega oggi Lupacchini “l’ombra lunatica sono i cicli della luna che in alcuni momenti esaltano e in altri mascherano”.  

Sulla riforma della giustizia, l’ex magistrato esorta alla separazione delle carriere, per far sì che nelle aule “si scontrino le due parti, pm e difesa, e poi emerga la verità, quella del giudice”. Lupacchini è scettico davanti ai “grandi blitz che si risolvono in fuoco di paglia, ai processi nelle aule bunker, che diventano metafore del maxi processo di Falcone e Borsellino”. Per questo diffida dalle ‘santificazioni’. “Le inchieste di cui mi sono occupato nella mia carriera mi hanno reso molto popolare e se mi si potesse fare a pezzi ci sarebbero molti indiziati – conclude – ma non aspiro a essere ‘santo subito’, ce ne sono troppi, preferisco restare un uomo con i suoi difetti e contraddizioni”.  

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