(Adnkronos) – Se, a causa dei rincari di luce e gas, molte imprese sono a rischio chiusura, altre invece, “sfruttando” questa congiuntura così negativa, hanno registrato fatturati da capogiro. È il caso delle imprese energetiche – dall’estrazione alla raffinazione – presenti in Italia che, nei primi 5 mesi di quest’anno hanno visto aumentare i ricavi, rispetto allo stesso periodo del 2021, del 60 per cento. Ad affermarlo è l’Ufficio studi della Cgia che sottolinea come l’andamento dei ricavi sia legato a quello dei prezzi delle materie prime. Guardando al periodo gennaio-maggio, ad esempio, la crescita del fatturato delle imprese del settore energetico nel 2019 è stata dello +0,5 % annuo, mentre nel 2020 in piena pandemia i ricavi invece sono crollati del 34,6% e nei primi 5 mesi del 2021 la variazione è stata del +19,6%. Quest’anno, poi, una impennata impressionante del +60%.
Ma – spiega l’associazione – se “non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell’utile” tuttavia, “appare evidente che il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno è stato molto positivo”. E quindi, “anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per ‘aiutare’ economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà”.
Invece, secondo la Cgia, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza prevista lo scorso 30 giugno. Con il decreto Aiuti le imprese energetiche sono state obbligate ad applicare un’aliquota del 25 per cento sugli extraprofitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo.
Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti.
D’altronde, “con aumenti delle bollette che non hanno eguali nella storia recente del nostro Paese, non solo i settori energivori sono più a rischio degli altri” spiega la Cgia che, per quanto riguarda il consumo del gas, segnala le difficoltà che stanno colpendo le imprese del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione e la chimica etc. Per quanto concerne l’energia elettrica, invece, rischiano il blackout acciaierie, fonderie, alimentare, logistica, commercio e accoglienza.
Le difficoltà, fa sapere l’Ufficio studi della Cgia, colpiscono tanti distretti produttivi e non che sono il motore dell’economia e dell’export del Paese, dal cartario di Lucca-Capannori al metalmeccanico del basso mantovano e di Lecco, tanto per fare un esempio.