Approvata da Aifa rimborsabilità vericiguat, farmaco per insufficienza cardiaca

(Adnkronos) – L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità per vericiguat, un farmaco orale in singola somministrazione giornaliera per il trattamento dell’insufficienza cardiaca sintomatica cronica, in pazienti adulti con ridotta frazione di eiezione, stabilizzati dopo un recente evento di riacutizzazione (peggioramento), che abbia richiesto una terapia per via endovenosa. Lo annuncia la farmaceutica Bayer, in una nota diffusa oggi, in cui ricorda che il nuovo trattamento, uno stimolatore della guanilato ciclasi solubile (sGC), ha ricevuto l’approvazione da parte dell’Autorità regolatoria statunitense (Fda) nel gennaio 2021, ed europea (Ema) nel luglio 2021. 

L’insufficienza cardiaca colpisce circa 600mila persone, con una prevalenza stimata pari al 10% nella popolazione dopo i 65 anni ed è causata dall’incapacità del cuore di assolvere alla sua normale funzione contrattile di pompa che garantisce l’apporto fisiologico di sangue a tutti i tessuti ed organi. Vericiguat ha un meccanismo d’azione distinto e innovativo rispetto a quello delle altre terapie per questo disturbo e migliora la funzionalità miocardica e vascolare, inducendo vasodilatazione, aumento della natriuresi (escrezione del sodio nelle urine, ndr) e riduzione del rimodellamento e fibrosi miocardica. L’insufficienza cardiaca – spiega la nota – è associata a una compromissione della sintesi di ossido nitrico e a una diminuzione dell’attività del suo recettore, la sGC. Il deficit di guanosina monofosfato ciclico (cGMP) derivato dalla sGC contribuisce alla disfunzione miocardica e vascolare. Vericiguat ripristina il relativo deficit nella via NO-sGC-cGMP, stimolando direttamente la sGC, indipendentemente e in sinergia con NO, per aumentare i livelli di cGMP intracellulare, in modo da poter migliorare sia la funzionalità miocardica sia quella vascolare. 

L’insufficienza cardiaca insorge come conseguenza di un infarto del miocardio, dell’ipertensione arteriosa e delle disfunzioni valvolari. I sintomi  – la mancanza di respiro (dispnea), stanchezza/affaticamento, ritenzione di liquidi con gonfiore alle gambe e/o all’addome e, soprattutto, la ridotta capacità di compiere attività fisiche – sono insidiosi e compromettono notevolmente la qualità di vita tra questi. Si stima che nel corso della vita 1 persona su 5 svilupperà una forma di insufficienza cardiaca e che, nonostante i progressi di trattamento, avrà una prognosi di sopravvivenza paragonabile o peggiore a quella delle neoplasie più aggressive. Infatti, a un anno dalla diagnosi la mortalità è intorno al 30%.  

“I pazienti con insufficienza cardiaca – afferma Fabrizio Oliva, presidente dell’associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore Sc Cardiologia 1 Emodinamica dell’ospedale Niguarda di Milano – hanno un elevato rischio di peggioramento della patologia, caratterizzata da una intensificazione rapida o graduale dei segni e sintomi che portano il paziente a ricorrere a cure come la somministrazione di diuretici per via endovenosa in emergenza/ambulatorio, o anche il ricovero in ospedale”. L’insufficienza cardiaca è la principale causa di ospedalizzazione al mondo: in seguito a peggioramento, il 56% dei pazienti viene ricoverato a un mese dall’evento stesso con un impatto estremamente negativo sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie e anche un notevole onere economico. Secondo i dati del Report Pne 2022, “nel 2021 sono stati registrati circa 127 mila ricoveri per pazienti con insufficienza cardiaca – continua Oliva – Considerando, poi, che il tasso medio di degenza per ricoveri ordinari è pari a 8-10 giorni, il costo di ciascun ricovero è di circa 11 mila euro. L’insufficienza cardiaca copre circa il 2% della spesa complessiva del Ssn, l’85% di questa è assorbito dai ricoveri per peggioramento dell’insufficienza cardiaca”. 

I ‘pilastri’ della terapia farmacologica (la cosiddetta “terapia quadruplice”) sono gli antagonisti del sistema Renina-angiotensina (Raasi), gli Arni, i beta-bloccanti, gli anti-aldosteronici (Mra) e gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio (Sglt2i). “Negli ultimi anni – aggiunge Oliva – le Linee guida hanno cambiato radicalmente l’approccio al paziente. Tuttavia, nonostante l’utilizzo di queste terapie ottimizzate, il paziente si aggrava e va comunque incontro a un peggioramento”.  

Come osserva Maurizio Volterrani, presidente di Italian Heart Failure Association (Itahfa), professore ordinario di Metodiche e didattica delle attività motorie dell’Università Telematica San Raffaele di Roma e direttore del dipartimento di Scienze cardiologiche e respiratorie, Irccs San Raffaele di Roma, “il trattamento adeguato del peggioramento dell’insufficienza cardiaca rappresenta un importante bisogno clinico insoddisfatto. Introducendo anche questo nuovo farmaco in associazione alla ‘terapia quadruplice’ – prosegue Volterrani – si è visto che si riesce a ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni in maniera significativa. Inoltre, si registra un miglioramento della qualità di vita”. 

La sicurezza e l’efficacia di vericiguat sono state valutate nello Studio registrativo Victoria dove “si è dimostrato superiore al placebo – ricorda Pasquale Perrone Filardi, presidente Società italiana di cardiologia (Sic) – nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca del 10% sulla base di un’analisi time to event. Nel corso dello studio la riduzione del rischio assoluto annualizzata è stata del 4,2%, che si traduce in un Number Needed to Treat di 24. Questo significa che in un anno, statisticamente, si può prevenire un decesso cardiovascolare o un ricovero ospedaliero per insufficienza cardiaca per ogni 24 pazienti che assumono vericiguat”. 

“Siamo lieti – dichiara Arianna Gregis, Country Division Head Pharmaceuticals di Bayer Italia – di poter mettere a disposizione dei professionisti della salute e dei loro pazienti una nuova soluzione terapeutica in grado di portare un importante cambiamento nella gestione di una patologia così insidiosa come l’insufficienza cardiaca. Questo traguardo ci rende particolarmente orgogliosi, perché dimostra come i continui sforzi attraverso la ricerca di soluzioni innovative, che colmino gli ‘unmet need’ di alcune patologie, possano costituire un concreto aiuto per rispondere alle necessità dei pazienti”. 

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