(Adnkronos) – Allianz Trade pubblica il report globale sulle insolvenze aziendali e ridefinisce le proprie previsioni per il 2023 e il 2024. Secondo il principale assicuratore di crediti commerciali al mondo, dopo un lieve rimbalzo nel 2022 (+2%), le insolvenze globali sono destinate a salire del 21% nel 2023 e del 4% nel 2024. Come si spiega tale aumento? Si rischia di ritornare velocemente ai livelli pre-pandemia
L’aumento delle insolvenze aziendali sta accelerando e nei prossimi due anni il Global insolvency index di Allianz Trade dovrebbe continuare a crescere. Tuttavia, questa impennata potrebbe comunque far rimanere l’indice al di sotto dei livelli di insolvenze del 2019: secondo Allianz Trade, infatti, le insolvenze delle imprese a livello globale potrebbero restare inferiori ai livelli pre-pandemia del 5% nel 2023 e del 1% nel 2024.
Questa tendenza globale non esplicita però le differenze significative che ci saranno a livello locale. Secondo le previsioni di Allianz Trade, nella metà dei Paesi presi in considerazione (oltre 40) le insolvenze supereranno probabilmente i livelli pre-pandemia nel 2023. In poche parole, è probabile che la maggior parte dei Paesi supererà i livelli del 2019 entro la fine del 2024.
“In Europa, nel 2023 ci aspettiamo 59.000 insolvenze in Francia (+41% anno su anno), 28.500 nel Regno Unito (+16%), 17.800 in Germania (+22%) e 8.900 in Italia (+24%). Negli Stati Uniti, nel corso dello stesso anno, prevediamo un aumento del 49% a causa delle condizioni di credito più restrittive e del previsto forte rallentamento economico, che dovrebbe implicare un ritorno a oltre 20.000 insolvenze l’anno. In Asia, la Cina dovrebbe registrare un aumento moderato (+4%), poiché la riapertura dei mercati post pandemia non ha eliminato tutti i rischi, in particolare nel settore immobiliare”, spiega Maxime Lemerle, lead analyst for insolvency research di Allianz Trade.
L’attuale contesto economico complesso è il motivo principale che sta alla base delle previsioni di Allianz Trade. Secondo le stime della multinazionale, per stabilizzare il livello di insolvenze, l’Eurozona e gli Stati Uniti, nel periodo 2023-2024, avrebbero bisogno di una crescita supplementare del PIL rispettivamente di 1,3 e 1,5 punti. Inoltre, le imprese dovranno fare attenzione agli effetti domino: il numero di insolvenze delle aziende, con un fatturato superiore a 50 milioni di euro, è al momento leggermente superiore ai livelli pre-pandemia. I settori più colpiti sono l’edilizia, il commercio al dettaglio e i servizi.
Oltre alla crescita inferiore, la pressione prolungata sulla redditività, la riduzione delle riserve di liquidità e le condizioni finanziarie più restrittive e di maggiore durata del previsto, stanno mettendo a dura prova la resilienza delle imprese più fragili. Tra di esse figurano quelle con il minor potere in materia di determinazione dei prezzi (ad esempio, le attività di commercio al dettaglio specializzato, quali prodotti tessili ed elettrodomestici e alcuni servizi, inclusa la ristorazione); quelle più esposte all’aumento dei salari, come il commercio al dettaglio, i trasporti e l’edilizia, oltre a quelle più sensibili all’aumento del costo degli interessi (edilizia, beni durevoli).
Cosa accadrebbe se si verificasse un’altra grave crisi finanziaria I recenti sconvolgimenti del settore bancario in Europa e negli Stati Uniti sollevano una domanda legittima: quale sarebbe l’impatto di una contrazione del credito sulle insolvenze delle imprese? “Secondo le nostre previsioni, una crisi finanziaria, come quella verificatasi nel 2008, avrebbe come conseguenza -risponde Maxime Lemerle- 21.600 insolvenze in più negli Stati Uniti nel periodo 2023-2024 e 99.900 nell’Europa occidentale. Anche laddove non si verificasse una grave crisi finanziaria, una contrazione del credito di portata pari a quella registrata all’inizio degli anni 2000 durante lo scoppio della bolla tecnologica, causerebbe rispettivamente 12.900 e 95.300 insolvenze aggiuntive nel 2023 e nel 2024. Inoltre, in caso di congelamento del credito, si avrebbe un blocco nella concessione di nuovi prestiti e le insolvenze aumenterebbero di ulteriori 10.700 casi negli Stati Uniti e 46.300 in Europa”.
In Italia è in atto un rimbalzo deciso delle insolvenze aziendali dopo aver registrato 7.164 casi nel 2022 (il conteggio annuale più basso dal 2008). “La ripresa post-lockdown e le varie misure di sostegno statale – afferma Luca Burrafato, responsabile Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa per Allianz Trade- avevano contenuto con successo il numero di insolvenze in tutti i settori da -9% (anno su anno) per agricoltura e alberghi/ristoranti, a oltre -20% nella maggior parte dei settori. L’attuale contesto economico però ha fatto ripartire l’indicatore con una crescita a doppia cifra prevista nel 2023 (+24% rispetto al 2022) toccando quota 8.900 casi, per poi raggiungere i 9.800 casi nel 2024 (+10% rispetto al 2023)”.
Tuttavia, non è previsto un ritorno al livello pre-pandemia entro il 2024 poiché si sta registrando, a seguito della recente modifica del codice della crisi d’impresa, una maggiore propensione a utilizzare procedure stragiudiziali per raggiungere accordi con i debitori, in modo da garantire una maggiore continuità alle aziende in difficoltà.