Allarme terapie intensive pediatriche, Schillaci: “Interverremo”

(Adnkronos) – Allarme terapie intensive pediatriche in Italia. “Sono poche e mal distribuite, con una differenza tra le varie zone d’Italia intollerabile”, ha segnalato all’Adnkronos Salute Leonardo Bussolin, presidente della Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana e autore, insieme a un gruppo di colleghi di varie strutture della Penisola, di una lettera-denuncia pubblicata sulla rivista ‘Lancet’ per richiamare l’attenzione sulla “preoccupante situazione delle terapie intensive pediatriche nel nostro Paese, soprattutto al Sud. Ci sono zone d’Italia in cui i bambini non hanno le stesse probabilità di essere curati nella stessa maniera rispetto ad altre zone. Questo è riprovevole, inaccettabile. Il nostro obiettivo con questo lavoro non è tanto denunciare, quanto sensibilizzare la politica. Ci vogliono risposte e programmazione”.  

A stretto giro è arrivata la risposta del ministro della Salute, Orazio Schillaci. “Sappiamo bene che c’è bisogno di aumentare il numero” dei posti letto di terapia intensiva per bambini e adolescenti. “Appena possibile interverremo e vedremo le regioni dove ce ne sono di meno”, ha affermato oggi il ministro, rispondendo a margine della presentazione alla Camera del nuovo Intergruppo parlamentare sul tumore al seno.  

Dalla mappa pubblicata su ‘lancet’ emerge che i posti letto sono solo 273, a fronte di 9.788.622 potenziali pazienti da 1 a 18 anni. In pratica, nel nostro Paese c’è un posto letto di terapia intensiva ogni 35.586 bambini e adolescenti, lontano dall’indicazione europea di un posto letto ogni 20-30mila piccoli. La Germania, per esempio, ne ha uno ogni 20mila. Secondo gli standard raccomandati, in Italia dovrebbero essercene 482. Mancano all’appello circa 200 posti letto in intensiva, con una carenza del 44,4%. Non solo. Sedici Regioni hanno meno del 25% dei posti necessari, sei non hanno nemmeno una terapia intensiva pediatrica, con il caso eclatante della Sardegna. 

Nella cartina geografica delle intensive per bimbi e adolescenti, si va dai 128 posti letto al Nord, a fronte di un fabbisogno di 222, ai 55 del Sud, dove ne servirebbero 168, e ai 90 del Centro, sotto solo di 2 posti letto. Ad alzare la media in Centro Italia sono le 3 terapie intensive pediatriche del Lazio: Gemelli, Bambino Gesù e Umberto I. Per contro, in Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Umbria, Molise, Basilicata e Sardegna non c’è nemmeno un posto letto e se un piccolo paziente arriva in ospedale in condizioni particolarmente critiche, deve essere immediatamente trasferito in un’altra regione. Una disperata corsa contro il tempo.  

Fino a un mese fa in questa condizione, con uno 0 sulla cartina, c’era anche l’Abruzzo, dove la prima terapia intensiva pediatrica è stata inaugurata ai primi di ottobre, a Pescara. Questa la situazione nelle altre regioni: 15 posti letto in Piemonte, 22 in Liguria, 46 in Lombardia, 15 in Emilia Romagna, 24 in Veneto, 6 in Friuli Venezia Giulia, 22 in Toscana, 10 nelle Marche, 58 nel Lazio, 21 in Campania, 4 Puglia, 6 in Calabria, 24 in Sicilia.  

Dalla mappa delle terapie intensive pediatriche balza agli occhi che “se alcune Regioni sono messe meglio di altre, nessuna è a norma”, prosegue Bussolin. A preoccupare particolarmente gli esperti è la totale mancanza di posti letto di rianimazione in Sardegna, “nonostante il suo isolamento geografico dal resto della Penisola – sottolineano su Lancet – e le difficoltà a trasferire un paziente grave in un’intensiva sulla terraferma”. “Di solito i bambini che necessitano di trattamenti intensivi salva-vita vengono trasferiti in elicottero – spiega Bussolin – all’ospedale Gaslini di Genova, qualche volta al policlinico Gemelli di Roma. Ma è evidente che non è una procedura così banale, dipende anche dalle condizioni meteorologiche e richiede un grande impegno, perché trasferire un paziente critico in elicottero vuol dire che a bordo ci devono essere delle professionalità superlative per garantirne la massima sicurezza. La Sardegna deve avere una sua terapia intensiva pediatrica, i colleghi fanno i salti mortali ma se mancano le strutture e l’organizzazione, diventano pseudo-eroi e abbiamo visto con il Covid che fine fanno gli eroi”, chiosa.  

Per migliorare la situazione, “l’adeguamento dei posti letto di terapia intensiva pediatrica è un primo passo, preceduto dalla formazione degli anestesisti-rianimatori, soprattutto nelle Regioni che ne sono sprovviste. Ogni Regione deve poi avere una rete che coordini, con criteri centralizzati, il trattamento e il trasferimento dei pazienti pediatrici in condizioni critiche, con centri con competenze e compiti ben precisi, su modello ‘Hub & Spock’ per esempio. E serve una rete nazionale con 3-4 centri d’eccellenza che coordinino emergenze particolari, i casi più rari. Un centro super specializzato cardiochirurgico o neurochirurgico pediatrico forse non è necessario in tutte le Regioni, perché sarebbe uno spreco, ma una rete nazionale sì. Al momento, purtroppo, il sistema non è così perfezionato”. 

La lettera su Lancet è firmata anche da Carmelo Minardi, del Dipartimento di Anestesia dell’azienda ospedaliero universitaria Policlinico San Marco di Catania; Giorgio Conti, del Policlinico universitario Irccs Gemelli di Roma; Andrea Moscatelli, dell’Unità di terapia intensiva pediatrica e neonatale dell’Irccs Gaslini di Genova; Simonetta Tesoro, dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e past-president della Società di anestesia e rianimazione neonatale e pediatrica italiana, di cui Andrea Moscatelli è presidente designato da gennaio 2024. Il loro appello è “fare in modo che ogni bambino con un grave problema medico possa beneficiare di cure della massima qualità, indipendentemente dall’area geografica in cui vive”.  

Il ministro Schillaci ha annunciato l’intenzione di fare “un focus sulle terapie intensive pediatriche” con la presidente dei pediatri, anch’essi preoccupati per la carenza di posti letto specifici per bimbi e adolescenti. “Offrire ai pazienti pediatrici l’opportunità di essere assistiti in unità di terapie intensive dedicate, significa aumentare le loro possibilità di sopravvivenza rispetto ai bambini che vengono ricoverati in terapie intensive per adulti. E questo è tanto più vero quanto più il paziente è piccolo e grave. È inaccettabile che una parte importante dei bambini italiani in condizioni critiche venga assistita in terapie intensive per adulti, così come non è ammissibile che esistano differenze così profonde tra le varie regioni italiane”, ha commentato la presidente della Società italiana di pediatria Annamaria Staiano, dopo la lettera-denuncia pubblicata su ‘Lancet’. I pediatri chiedono la definizione del codice ministeriale di disciplina specifico per Terapia intensiva pediatrica. 

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