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Riforme e investimenti? Certo ma basta considerare il Sud “colonia”

Il Piano strutturale di bilancio presentato recentemente dal Governo, con obiettivi ambiziosi e una visione di lungo termine, ripropone una sfida storica: come bilanciare rigore e crescita in un Paese dove le disuguaglianze territoriali restano profonde, specialmente tra Nord e Sud. Le misure proposte, tra cui controllo del deficit e revisione della spesa, sono necessarie, ma sembrano mancare di un focus chiaro su una vera parità territoriale.

Sebbene si continui a parlare di incentivi per il Sud, come Zes e Decontribuzione per favorire l’occupazione, gli effetti concreti di queste politiche tardano ad arrivare. E nel frattempo, gli investimenti strategici continuano a concentrarsi prevalentemente nel Nord del Paese. Un esempio è l’annuncio di Microsoft che ha deciso di stanziare 4,3 miliardi di euro per espandere la sua infrastruttura di data center nel Nord Italia. Settala, vicino Milano, ospiterà uno dei più grandi hub tecnologici d’Europa, mentre il Sud resta ai margini delle grandi operazioni industriali.

Le iniziative come Zes e Decontribuzione per incentivare il lavoro nel Mezzogiorno sono certamente apprezzabili, ma quando vediamo un investimento gigantesco come quello di Microsoft destinato al Nord, sorge inevitabilmente una domanda: perché il Sud continua a essere trascurato?

L’investimento di Microsoft renderà Settala uno degli hub più importanti per i data center in Europa e per il Mediterraneo, ma il Sud rimane in una posizione marginale. È preoccupante notare come il Meridione sia ancora visto come una riserva da cui attingere risorse umane, energetiche e finanziarie, senza però godere degli investimenti strutturali necessari a farlo crescere come una vera area produttiva.

Questo schema di dipendenza e disuguaglianza economica si ripete, con il Nord che raccoglie i frutti degli investimenti strategici mentre il Sud rimane in secondo piano. A fronte di tutto questo, possiamo solo chiederci se il Sud sia destinato a restare una colonia economica del Nord, e quanto questi investimenti massicci nel Settentrione rischino di accentuare ancora di più le disparità. È chiaro che le azioni concrete non sono all’altezza delle promesse fatte nei confronti del Mezzogiorno, e il rischio di tensioni sociali è dietro l’angolo. Sul piano delle risorse energetiche, la storia si ripete.

Il Sud è ricco di risorse naturali, con un potenziale straordinario per lo sviluppo delle energie rinnovabili, in particolare solare ed eolico. Eppure, anche qui, gli investimenti sembrano scarseggiare, o comunque non essere sufficienti a fare del Sud una vera potenza energetica. Le regioni meridionali continuano a essere fornitrici di energia per il resto del Paese, ma raramente ne vedono i benefici economici e sociali. È chiaro che questa situazione alimenta un senso di ingiustizia e frustrazione tra i cittadini del Sud, che sentono di essere costantemente marginalizzati rispetto alle politiche di sviluppo del Paese.

Il rischio di tensioni sociali cresce di pari passo con l’aumento del divario economico. Se il Sud non riceve l’attenzione che merita, con interventi strutturali che lo rendano un’area competitiva e attrattiva per gli investimenti, si rischia di perpetuare un ciclo di povertà e dipendenza. In questo contesto, immaginare che un governo politico possa introdurre le misure necessarie senza generare forti resistenze e tensioni sociali diventa difficile.

Riforme radicali, come una vera equità territoriale negli investimenti e l’implementazione di politiche fiscali mirate, richiederebbero un consenso che al momento sembra lontano. Se queste scelte non verranno fatte, potremmo assistere all’ennesimo ricorso a un governo tecnico, che potrebbe intervenire per risolvere le criticità e mantenere la stabilità economica. Personalmente, non auspico questo scenario, ma è una possibilità che non possiamo ignorare. Ciò che mi auguro, invece, è che finalmente si riconosca il valore strategico del Sud e si decida di investirci con la stessa intensità con cui si guarda al Nord. È il momento di smettere di considerare il Meridione una colonia interna e iniziare a vederlo come una risorsa da valorizzare. Solo così potremo costruire un’Italia più giusta, dove ogni regione contribuisce in modo equo e riceve pari opportunità di crescita.

In conclusione, il Piano strutturale di bilancio dovrebbe essere l’occasione per una riflessione profonda e coraggiosa su come rilanciare l’economia del Paese. Questo non può avvenire senza un’attenzione specifica al Sud, alle sue potenzialità e alle sue criticità. Non possiamo permetterci di ignorare una parte così significativa del nostro territorio, soprattutto in un momento storico in cui le disuguaglianze rischiano di diventare insostenibili. È il momento di scelte coraggiose, che mettano fine a decenni di promesse non mantenute e diseguaglianze strutturali. È il momento di dare al Sud l’importanza che merita.

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