Era una giornata qualsiasi a Tokyo e, mentre la città pulsava al ritmo incessante del quotidiano, Shoju Morimoto si preparava per una giornata di lavoro insolita. Non ci sarebbero stati appunti da prendere né scadenze da rispettare. Sembra un film di Wim Wenders, invece è vita reale. La sua professione? Essere presente senza fare nulla. Morimoto, un tempo fisico e ricercatore, ha deciso di lasciare una carriera promettente per diventare una sorta di compagno silenzioso, una presenza che ascolta senza intervenire, che osserva senza giudicare. Non si tratta di ozio, ma di un’offerta di presenza pura, un antidoto contro l’incessante bisogno di fare che caratterizza la nostra epoca.
Il non-fare
La scelta di Morimoto di diventare una presenza silenziosa è una meditazione vivente sul significato del non-fare. In un contesto dove ogni minuto deve essere produttivo, lui offre il suo tempo come un tela bianca, permettendo agli altri di proiettare le proprie riflessioni e paure in uno spazio libero da aspettative. Il suo titolo professionale? “Persona a noleggio per non fare nulla”. Vi immaginate una situazione simile in Italia, dove il dover fare e soprattutto puntare il dito e giudicare, la fanno da padroni? E non ci aspetteremmo che un simile lavoro fosse svolto da un uomo del Sud, che sappiamo essere rinomati come fannulloni?
L’alternativa
In ogni caso in un mondo dove il valore di un individuo sembra misurato unicamente attraverso la sua produttività, Morimoto ci offre un’alternativa, forse persino un antidoto. Il suo lavoro ora è essenzialmente non lavorare, offrendo la sua presenza come uno spazio libero in cui non ci sono aspettative, consigli o giudizi. Si paga per avere accanto una persona che ascolti, che non chieda, ma che ci sia. In questo, c’è una sottile forma di terapia, un invito a fermarsi e riflettere che diventa sempre più raro in una società che premia chi fa di più e più velocemente.
Il libro
E se questo non bastasse vi consiglio di leggere il libro di Tricia Hersey “Riposare è resistere” in cui ci ricorda che resistere non significa necessariamente agire, ma può anche significare disconnettersi, staccare, riposare. Il suo messaggio è particolarmente potente in un’epoca in cui il burnout non è più un’eccezione ma una norma. Dormire, secondo Hersey, non è un lusso ma una forma di resistenza contro le pressioni di un’economia che ci vuole sempre attivi, sempre disponibili.
Il benessere
Entrambi, Morimoto e Hersey, ci sfidano a riconsiderare cosa significa essere produttivi e quali valori dovremmo aspirare a promuovere nella nostra cultura. La loro vita e il loro lavoro suggeriscono che forse, in un futuro non troppo lontano, potremmo vedere emergere una nuova valutazione del tempo e delle nostre azioni quotidiane che pone al centro il benessere umano, quello vero e non solo narrato in determinati contesti, piuttosto che il mero output economico.
La scelta
La direzione che stiamo prendendo come società richiede un esame critico di ciò che valorizziamo e di come spendiamo il nostro tempo, sia come individui che collettivamente. Morimoto e Hersey, attraverso le loro scelte di vita e i loro insegnamenti, ci invitano a domandarci se il percorso che abbiamo intrapreso è veramente quello che desideriamo seguire o se è tempo di considerare un cambiamento radicale nel nostro approccio alla vita e al lavoro. E ora, cosa scegliamo? Il mondo ti spinge incessantemente verso il fare, il produrre, il consumare senza tregua. Ma Morimoto e Hersey ti offrono un’alternativa: il potere liberatorio del non fare. È il momento di chiederti: sto vivendo secondo i miei ritmi, o sono intrappolato in quelli imposti da altri? Pensa alla tua ultima giornata di vero riposo. Quanto tempo è passato? È ora di fare una scelta. Vuoi continuare a correre su un tapis roulant di obblighi o sei pronto a scendere e a camminare a passo tuo?
Bentornato,
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