«È necessario mettersi intorno ad un tavolo per creare una sinergia con la pubblica amministrazione in un modello di comunicazione tra istituzioni e categorie professionali, proprio per agevolare e finalizzare i progetti legati al Pnrr». Ad affermarlo è Elbano De Nuccio, presidente del consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Presidente, quanti sono i progetti legati al Pnrr?
«Abbiamo un piano che prevede 132 investimenti e 63 riforme. La copertura è di circa 191,5 miliardi di cui 122 sono rappresentati da finanziamenti, quindi un prestito della Comunità Europea allo Stato italiano, i 69 miliardi restanti sono veri e propri sussidi. La tempistica prevede che l’intera operazione debba concludersi entro il 30 giugno 2026».
Qual è lo stato di avanzamento dei lavori?
«Dalla relazione presentata a maggio 2023, prima della pausa estiva, emerge che siamo in una fase di forte rallentamento. La Corte dei Conti ha certificato le percentuali di avanzamento del Pnrr e verificato che prima dell’estate sono stati realizzati circa il 12% degli investimenti».
Ci sono cause specifiche?
«Sicuramente una difficoltà del tessuto economico nazionale che è rappresentato da piccole e medie imprese non pronte ad essere parte di investimenti di questa portata. E’ evidente anche una forte asimmetria tra domanda e offerta di lavoro, in quanto al momento è complicato reperire manovalanza qualifica. Per una serie di sfortunate situazioni abbiamo dovuto anche fronteggiare una spinta inflazionistica causata dalla pandemia e dal conflitto bellico».
Cosa accadrà se non rispettiamo i termini di consegna delle opere?
«Se gli investimenti non sono avviati o realizzati secondo le tempistiche stabilite l’Europa non pagherà la tranche assegnata. Il rischio è che dal primo gennaio 2024, con l’entrata in vigore del patto di stabilità, sospeso durante la pandemia, lo Stato non avrà la forza finanziaria, se non attraverso ulteriore debito, per poter realizzare investimenti e dall’altro lato non si potrà riscuotere la quota stabilita perché non realizzato quanto pattuito».
Si può ancora uscire da questa situazione?
«È evidente e chiaro che c’è un elevato rischio che si possa accumulare ulteriore debito pubblico proprio a causa del rallentamento dei piani di investimento. Si presume che nell’ intervallo 2023-2026 aumenterà di circa 140 miliardi. Sarebbe paradossale se il Pnrr invece di aiutarci economicamente peggiorasse la nostra condizione».
Quali le soluzioni possibili?
«Una considerazione è d’obbligo: il Pnrr tra tutte le forme di erogazione della Comunità Europea prevede, a differenza del passato, una maggiore attenzione alla qualità degli investimenti. Prima si ragionava in termini quantitativi, l’obiettivo era esaurire i fondi comunitari oggi non è più così. Bruxelles li ha definiti “investimenti non spesa” perché devono generare nel Paese una crescita economica stabile e duratura. Uno dei grandi errori commessi nel passato è stato non valutare questo passaggio, le cosiddette cattedrali nel deserto che venivano realizzate grazie al supporto europeo ma gravavano sui flussi di cassa delle amministrazioni locali per le spese di funzionamento e manutenzione. In questa nuova dinamica la figura del commercialista non deve essere sottovalutata».
Cosa significa?
«La proposta che come consiglio nazionale abbiamo avanzato è quella di introdurre i commercialisti su due livelli di certificazione, per sbloccare l’erogazione degli importi. Il primo è di carattere economico finanziario, in questo modo le amministrazioni locali sarebbero sollevate da una serie di adempimenti burocratici aggiuntivi rispetto a quelli che solitamente hanno; il secondo livello è quello delle certificazioni socio ambientali. Parliamo sempre di professionisti tecnicamente preparati, sia con il pubblico che con il privato, esperti nell’interlocuzione con le amministrazioni e conoscitori del tessuto economico del paese».
Quali sarebbero i vantaggi pratici?
«Maggiore velocità nelle fasi di rendicontazione e monitoraggio dell’investimento. Un sicuro supporto alle amministrazioni locali che in molti casi non hanno nel proprio organico professionisti sufficientemente qualificati per poterle supportare in questo processo».