(Adnkronos) – Non è una novità, ma l’asse franco-tedesco appare saldo ed esclude ancora una volta l’Italia, stavolta nella cena all’Eliseo organizzata nella serata di ieri dal presidente Emmanuel Macron con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al tavolo un solo posto in più per il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Roma accusa il colpo, sul treno che condusse a Kiev i due leader europei a giugno scorso l’Italia c’era, nel vagone in testa sedeva anche Mario Draghi.
E’ la goccia che fa traboccare un vaso già colmo, che passa dall’incidente sui migranti del novembre scorso alla ferita, fresca di poche ore, del viaggio a Washington dei ministri alle finanze francese e tedesco – Bruno Le Maire e Robert Habeck – allarmati dall’Inflation Reduction Act di Joe Biden. Una missione che ha colto di sorpresa il responsabile di via XX Settembre Giancarlo Giorgetti che non ha nascosto il proprio disappunto: “Se l’avesse fatto l’Italia, questo governo sarebbe stato accusato di essere sovranista e antieuropeo. A parti invertite saremmo sotto processo”.
Anche Giorgia Meloni non ci sta. Arrivando a Bruxelles per un Consiglio europeo che vede la presenza dello stesso Zelensky, la premier alza la voce in un punto stampa organizzato all’ultimo minuto. E in cui prepara l’affondo, mentre a Roma le opposizioni graffiano e l’accusano di essere responsabile dell’isolazionismo dell’Italia. “Quella del presidente francese è un’iniziativa inopportuna – dice a chiare lettere -. Capisco le questioni di politica interna e la volontà di privilegiare le proprie opinioni pubbliche, ma in alcuni momenti farlo rischia di andare a discapito della causa. La nostra forza deve essere l’unità”.
Alla tradizionale foto di famiglia l’orologio sembra tornare indietro nel tempo, al G20 di Bali, quando i due si ignoravano vistosamente. Anche oggi lo scatto ricalca i tanti del summit indonesiano: Macron avanti sorridente, Meloni, ironia della sorte, proprio dietro di lui, nella sua giacca doppio petto rossa. “Così si lede all’Europa. Non è una questione di Italia, ma di Europa. Al fianco di Kiev non ci sono solo Germania e Francia, la nostra forza deve essere la compattezza. Cosa sarebbe accaduto se lo avessimo fatto noi? Il finimondo…”, il ragionamento che trapela da Palazzo Chigi, dove non viene dissimulata l’irritazione del capo del governo.
Sulle parole piccate di Meloni “non ho commenti da fare”, taglia corto Macron rispondendo ai cronisti al suo arrivo al summit, “ho voluto ricevere il presidente Zelensky con il cancelliere Scholz, penso che eravamo nel nostro ruolo”. “La Germania e la Francia, come sapete, hanno un ruolo particolare da otto anni sulla questione” dell’Ucraina, “perché – aggiunge – abbiamo anche condotto insieme questo processo, penso che stia anche a Zelensky scegliere il formato che vuole”. Zelensky che definisce l’incontro con i due leader “potente e importante”, forte del fatto che sul tavolo sia emersa anche la possibilità, concreta, di “aumentare le capacità” militari ucraine, “inclusi i carri armati”.
Il presidente ucraino incontra in mattinata Meloni, si attende un bilaterale che salta per il ritardo accumulato da Zelensky: terrà gli incontri a gruppi. Niente ‘face to face’ tra i due, salve un breve colloquio voluto dal presidente ucraino. E’ l’ennesimo inciampo per Meloni in una giornata partita col piede sbagliato. Soprattutto, niente toppa al buco che vede l’Italia fuori dal tour che l’uomo forte di Kiev ha intrapreso in questi giorni: prima Usa e Londra, poi Parigi e Europa. E che suona ancor più amaro per una leader che, sin dai banchi dell’opposizione, ha sempre difeso a spada tratta la questione ucraina, nonostante fosse al fianco di alleati di coalizione che, pur sedendo nel governo Draghi, apparivano molto più tiepidi di lei nel sostegno a Kiev.
Un sostegno che resta fermo, che per Meloni non è mai stato né mai verrà messo in discussione. Lo ribadisce lei stessa a Zelensky, che a margine di uno degli incontri di oggi le chiede di intrattenersi per un colloquio a due. Non un bilaterale, ma un momento di confronto con la premier, anche in segno di gratitudine per gli sforzi che l’Italia continua a mettere in campo. A Kiev il presidente del Consiglio italiano dovrebbe arrivare a breve, mantenendo la promessa di esserci prima del drammatico anniversario del primo anno di guerra, il prossimo 24 febbraio. Ma è con Parigi che la tensione resta alta, altissima, mentre a questo punto sembra allontanarsi ancor più la visita di Meloni all’Eliseo.
Nell’aria da giorni, di fatto non è mai stata segnata in agenda, nonostante a Roma ci fosse volontà di incontrare Macron prima del summit europeo. Tra i giorni possibili per il bilaterale, anche la vigilia del Consiglio europeo in corso, salvo poi scoprire che la cena all’Eliseo era già fissata, ma con Scholz e Zelensky.
La levata di scudi di Meloni riporta alla mente di molti quella di Matteo Renzi, che, nel 2016, al termine del vertice europeo di Bratislava, rifiutò di sedere in conferenza stampa con Angela Merkel e Francois Hollande, organizzandone una per conto proprio. Salvo poi tornare a rappacificarsi. Perché in Europa ‘l’addio non è una possibilità’, per citare una strofa di uno dei motivi sanremesi che in questi giorni va per la maggiore.