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Visita fiscale, quali assenze sono giustificate e quali no

(Adnkronos) - Il dipendente assente dal lavoro per malattia deve rendersi reperibile, durante le fasce orarie fissate dalla legge, ai fini dell’eventuale visita di controllo da parte del medico dell’Inps (la cosiddetta visita fiscale). La Cassazione ha più volte spiegato quali scuse non valgono in caso di assenza alla visita fiscale escludendo dal novero delle…

(Adnkronos) – Il dipendente assente dal lavoro per malattia deve rendersi reperibile, durante le fasce orarie fissate dalla legge, ai fini dell’eventuale visita di controllo da parte del medico dell’Inps (la cosiddetta visita fiscale). La Cassazione ha più volte spiegato quali scuse non valgono in caso di assenza alla visita fiscale escludendo dal novero delle giustificazioni tutte le difficoltà di ordine pratico che si frappongono all’incontro con il medico e che possono essere risolte con l’adozione di mezzi di facile soluzione. Il dipendente ha infatti un obbligo di diligenza che gli impone di rendersi, laddove possibile, reperibile e consentire la visita di controllo. Vediamo dunque quali sono questi casi ricorda laleggepertutti.it. 

Il citofono o il campanello che non funzionano
 

In linea generale, il lavoratore deve assicurarsi che il proprio nome risulti dalla targhetta apposta sul citofono; che tanto il citofono quando il campanello della porta funzionino correttamente; che vi sia un familiare pronto ad aprire l’uscio di casa se l’interessato è impossibilitato a farlo (ad esempio se sta dormendo o se incapace di deambulare). 

Sicché non vale la scusa del campanello che non “suona” per un guasto tecnico al citofono imputabile al condominio (in tal caso bisognerà lasciare quantomeno un biglietto sul citofono, con un numero telefonico).  

Il dipendente che non sente bene
 

Non vale neanche la scusa dello scarso udito dell’interessato che, secondo la Cassazione [1], non è una valida motivazione per non aprire al medico fiscale. 

Il dovere di cooperazione che grava sul lavoratore non solo esige che durante le fasce orarie di reperibilità questi non si allontani dalla propria abitazione senza un giustificato motivo, ma richiede altresì che, pur quando sia presente nel proprio domicilio, egli mantenga un comportamento tale da consentire al medico Inps l’immediato accesso nell’abitazione.  

Pertanto il lavoratore con difficoltà di udito dovrebbe comunicare preventivamente al datore di lavoro questa patologia, rendendo in qualche modo possibile l’accesso del medico (eventualmente, attraverso la presenza di un’altra persona all’interno del domicilio). Ad ogni modo, il giudice è chiamato a valutare, nel caso specifico, la validità e credibilità delle giustificazioni adottate dal dipendente, per indagare se le stesse siano sorrette da una logica motivazione o meno. 

Il dipendente che si fa la doccia
 

L’inottemperanza all’obbligo della reperibilità per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile comporta la decadenza dal diritto al trattamento economico di malattia. 

Costituisce inottemperanza agli obblighi sopra indicati anche il ritardo nell’apertura della porta – che determini l’allontanamento del medico di controllo – dovuto a motivo nelle circostanze non apprezzabile, come il fare la doccia [2]. 

Proprio con riferimento alla doccia o al bagno, di recente la Cassazione ha fornito un parere contrario sostenendo che l’obbligo di cooperazione a cui è tenuto il malato non può essere esteso fino a comprendere il divieto di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano all’interno delle pareti domestiche. Pertanto non si può sanzionare il dipendente malato che risulta assente alla visita fiscale perché sotto la doccia.  

La Suprema Corte sembra tenere distinte le due conseguenze dell’assenza dalla visita fiscale: la decadenza dal trattamento dell’Inps e l’illecito disciplinare nei confronti dell’azienda. Secondo i giudici, infatti, non tutte le condotte che rilevano nei rapporti con l’istituto previdenziale e che possono determinare decadenza dal beneficio comportano anche una responsabilità disciplinare. Infatti, ai fini disciplinari, l’assenza alla visita domiciliare di controllo non è concettualmente coincidente con il tenere una condotta, all’interno delle pareti domestiche, che si riveli di ostacolo all’accesso del medico competente.  

Altre scuse che non valgono in caso di assenza alla visita fiscale
 

In ogni caso, l’onere della prova circa l’impossibilità di aprire al medico fiscale spetta al dipendente. Come chiarito sempre dalla Cassazione, qualora il medico incaricato della visita di controllo della malattia abbia attestato – con atto che fa prova fino a querela di falso – il mancato reperimento del lavoratore nella sua abitazione, quest’ultimo, ove deduca di essere stato presente al proprio domicilio, è tenuto a dimostrare le circostanze a lui non imputabili per incuria, negligenza o comunque per motivi non socialmente apprezzabili, che abbiano reso impossibile la visita. Si deve infatti presumere che l’accertamento dell’irreperibilità sia stato svolto dal medico con il compimento di ogni adeguata attività di ricerca in relazione alla particolare situazione dei luoghi.  

L’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo non coincide necessariamente con la materiale assenza di quest’ultimo dal domicilio nelle fasce orarie predeterminate, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore, pur presente in casa, che sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale. Si pensi al caso di chi si assenti momentaneamente per recarsi in garage, in soffitta, da un vicino che abita nello stesso palazzo. 

Quando ci si può assentare alla visita fiscale?
 

È consentita e giustificata l’assenza dovuta a giustificato motivo la quale ricorre in caso di: 

forza maggiore (si pensi a un guasto alla linea elettrica di tutto il quartiere che abbia impedito al citofono di funzionare); 

situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore altrove (si pensi alla necessità urgente e grave di dover trasportare un convivente in ospedale); 

concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici quando si dimostri che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità. 

Ecco alcuni casi in cui la giurisprudenza ha ritenuto valide le giustificazioni addotte dal dipendente: 

ritiro presso gli Uffici sanitari di radiografie collegate alla malattia in atto; 

effettuazione di un’iniezione, purché risultino rigorosamente accertate l’indifferibilità del trattamento terapeutico e l’indispensabilità delle modalità prescelte dal lavoratore per realizzare tale esigenza; 

visita presso l’ambulatorio del medico, in caso di impossibilità di conciliare l’orario di ricevimento con le fasce di reperibilità o volta a far constatare l’eventuale guarigione della malattia, al fine della ripresa lavorativa; 

effettuazione di un ciclo di cure presso un istituto convenzionato; 

esigenza indifferibile di recarsi in farmacia; 

visita alla madre ricoverata in ospedale, quando l’orario di visita ai degenti coincide con le fasce di reperibilità; 

l’assenza di un lavoratore che dimostri di essersi recato, su indicazione del medico curante, presso uno stabilimento termale per un ciclo di cure diretto a ottenere un più pronto ristabilimento dello stato di salute. 

Invece, non costituisce giustificato motivo di assenza l’essersi sottoposto a fisioterapia a meno che il lavoratore non provi che la prestazione non potesse essere effettuata in quello o in altri centri in orari compatibili con il rispetto delle fasce orarie. Tale prova deve essere fornita con apposito certificato medico, che attesti la necessità e l’indifferibilità del trattamento fisioterapico in questione. Non è invece assolutamente giustificata l’assenza motivata dal desiderio di accompagnare la moglie, priva di patente di guida, a fare la spesa. 

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