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Visco ‘pesa’ il calo demografico: 800mila in meno in età da lavoro in 3 anni

(Adnkronos) - Il calo demografico pesa, e molto, anche sul piano economico, sul mercato del lavoro e, a cascata, sui redditi e il potere d'acquisto. Le aspettative di vita sono più alte, si lavora più a lungo ma per cercare equilibrio servono politiche per favorire l'impiego dei giovani e delle donne, insieme al contributo dei…

(Adnkronos) – Il calo demografico pesa, e molto, anche sul piano economico, sul mercato del lavoro e, a cascata, sui redditi e il potere d’acquisto. Le aspettative di vita sono più alte, si lavora più a lungo ma per cercare equilibrio servono politiche per favorire l’impiego dei giovani e delle donne, insieme al contributo dei migranti. Il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, da sempre attento alle dinamiche demografiche, nelle sue Considerazioni finali evidenzia un dato che trasferisce tutta l’urgenza di interventi mirati a contrastare gli effetti del trend in atto: in soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in età da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) è diminuito di quasi 800.000 unità. 

Parte da qui Visco per costruire un’analisi che restituisce una fotografia nitida. La premessa è che “l’aumento dei redditi e un deciso miglioramento delle opportunità di impiego richiedono un innalzamento della qualità e della capacità produttiva dell’intero sistema economico, oggi ancora più necessario alla luce dei cambiamenti demografici in corso”. Questo, perché “nei prossimi decenni la dinamica della popolazione mondiale continuerà a essere fortemente sbilanciata: alla crescita sostenuta nei paesi in via di sviluppo si contrapporrà quella debole o negativa nei paesi avanzati; tra questi l’Italia si caratterizza per un processo di invecchiamento fra i più rapidi”.  

I numeri, del resto, sono impietosi. Secondo le proiezioni demografiche dell’Istat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei. Il Governatore passa quindi alle conseguenze e ai possibili rimedi. “Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute conseguito negli ultimi decenni potrà consentire a non poche persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 64 anni, in linea con le tendenze già in atto, sostenute anche dalle riforme pensionistiche. Sicuramente occorrerà accrescere la capacità di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i più bassi d’Europa”.  

Anche nell’ipotesi molto favorevole di un progressivo innalzamento dei tassi di attività dei giovani e delle donne fino ai valori medi dell’Unione europea, ragiona Visco, “nei prossimi venti anni la crescita economica non potrà contare su un aumento endogeno delle forze di lavoro: gli effetti del calo della popolazione nelle età centrali potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dell’età lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio (che pure nello scenario di base l’Istat prefigura pari a 135.000 persone all’anno, più del doppio degli ultimi dieci anni, dopo una media di oltre 300.000 nel precedente decennio)”. Per gestire i flussi migratori, avverte il Governatore, “occorreranno politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo.  

Visco, quindi, chiude il passaggio sull’impatto del calo demografico con una considerazione che ha un peso rilevante soprattutto per la politica economica: “Un recupero della natalità dai livelli particolarmente bassi del 2021, per quanto auspicabile, rafforzerebbe l’offerta di lavoro solo nel lunghissimo periodo”. (Di Fabio Insenga)  

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