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Tu non puoi capire – Cosa fai per un agire migliore?

La settimana appena passata è stata davvero convulsa da tutti i punti di vista. Notizie terribili che si sono sommate a notizie terribili, senza riuscire a trovare sollievo neanche nel vedere Tamberi vincere l’oro o la visione della superluna blu a fine agosto.

Troppe cose da assimilare e troppe persone a sparlarci. Perché questo è il grande problema di ogni notizia, la gente che ci parla sopra. Lo so, ognuno di noi è preso dal dover esprimere la propria opinione ritenendola indispensabile ma non è sempre così e se poi si viene presi da delirio di onnipotenza, si ritiene fondamentale andare sui social e dire tutto in modo anche distonico.

Non va bene così, non va bene. Ci lamentiamo continuamente del fatto che i giornalisti non fanno più il loro mestiere, che i TG sono un macello spesso filo partitici, che non si può credere più a nulla e che viviamo in un mondo crudele. Ma a parte questo cosa facciamo di nostro per cambiare le cose? Perché iniziare ad avere un sano senso di responsabilità non fa male, o è sempre e solo un problema delle altre persone? Personalmente sono una sostenitrice dell’ascolto e soprattutto del fatto che ognuno di noi si possa e si debba prendere un pezzetto di agire e abbia il dovere, morale e materiale, di renderlo migliore. E non lo dico per le generazioni future ma per noi. Proprio per questo, per far riflettere ancora una volta sull’uso della parola, delle azioni e delle conseguenze, che voglio riportarvi due notizie:

  1. La sentenza della Corte di Cassazione che ha dichiarato legittimo il licenziamento del dipendente che fa battute non gradite ad una collega. Nel caso di specie erano state fatte allusioni verbali e fisiche a sfondo sessuale nei confronti della giovane neoassunta con contratto a termine assegnata a mansioni di barista. La Corte ha stabilito che addurre la “goliardia” non ha valore a riprova di un comportamento non gradito, inadeguato e fuori luogo. Ha dunque stabilito che “le molestie come quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”. Anche se non sfociate in aggressioni fisiche.
  2. In Brasile il linguaggio, le offese, gli insulti omofobi sono punibili con il carcere, dai due ai cinque anni, grazie alla decisione presa dalla Corte suprema brasiliana il 22 agosto. Ha così equiparato gli insulti razzisti a quelli omofobi sancendo, finalmente, una equità di diritti e di doveri.

Ora lo so che continuerete a pensare che non si può dire più nulla che si viene travisati, che si rischia una denuncia per molestie – se va bene- altrimenti si parla di violenza, che fare un complimento può essere frainteso e ritrovarsi nei guai etc etc. Ebbene questa scusa non regge più perché se ci piace passare per esseri pensanti, allo stesso tempo dobbiamo dimostrarlo con i fatti e le parole. Troppo comodo, ribadisco, puntare il dito dall’altra parte deresponsabilizzandosi di ogni situazione per il solo fatto che ci si sente accusati ingiustamente.

Certo è che devo ammettere, a volte si esagera e a riprova di questo vi riporto la polemica che sta accadendo in merito all’ultimo film di Bradley Cooper il quale, per interpretare Leonard Bernstein e volergli assomigliare, ha indossato un protesi nasale rimarcando i tratti del personaggio. Questa scelta è stata vista come un “esempio di Jewface, termine che, in modo simile a Blackface, indica l’usanza di truccarsi per assomigliare ma più che altro parodiare una determinata origine etnica (il “naso ebraico”, aguzzo e molto pronunciato, è uno dei tratti con cui storicamente vengono rappresentati gli ebrei, per deriderli e dipingerli in modo grottesco)” (Wired).

Per risolvere la controversia che stava assumendo toni davvero esasperati è intervenuta in difesa di Cooper la famiglia di Bernstein che ha dichiarato di aver apprezzato questa scelta, proprio perché in questo modo il personaggio è più verosimile.

Quindi, alla fine di tutta questa disamina penso sia necessario valutare bene su cosa e come esprimersi. Non farsi paladine o paladini di battaglie per partito preso altrimenti si rischia di non far comprendere i giusti concetti, mischiandoli con esasperazioni fuori luogo o principi ancorati a situazioni che ormai non possono più andar bene. I tempi cambiano e la consapevolezza dei propri diritti insieme al riconoscimento del proprio sé fanno parte della nostra vita quotidiana. Sta a noi apprenderli e metterli in pratica. Non è più il tempo del… si è sempre fatto così!

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