Pene fino a 8 anni di reclusione sono state chieste dalla Procura di Bari a carico di 11 imputati nel processo per le presunte torture commesse ai danni di un detenuto psichiatrico nel carcere di Bari il 27 aprile del 2022.
Tra gli imputati ci sono anche cinque agenti della polizia penitenziaria.
Il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa ha chiesto la condanna a 8 anni di reclusione per gli agenti Giacomo Delia e Raffaele Finestrone, a 6 anni per Francesco Ventafridda e a 4 anni e 6 mesi per Antonio Rosati e Giovanni Spinelli, che rispondono del reato di tortura.
La condanna a un anno e 8 mesi è stata richiesta per il sovrintendente della polizia penitenziaria Vito Sante Orlando, che risponde dei reati di falso in atto pubblico e rifiuto di atti d’ufficio, mentre la condanna a un anno e 6 mesi è stata sollecitata per Michele De Lido, a processo per abuso d’ufficio. La condanna a 10 mesi è stata richiesta per Leonardo Ginefra, che risponde di violenza privata e rifiuto di atti d’ufficio, e a 8 mesi per Francesco Valenziano, che risponde solo di quest’ultimo reato. Infine, una multa di 60 euro è stata chiesta per due infermieri, a processo per omessa denuncia perché, secondo l’accusa, assistettero al pestaggio ma non intervennero.
Secondo l’accusa, sei agenti della polizia penitenziaria avrebbero torturato il detenuto allora 41enne dopo che questi aveva dato fuoco a un materasso nella sua cella.
Le violenze sarebbero iniziate lungo il percorso dalla cella all’infermeria, con il personale che sarebbe intervenuto “con violenze gravi e agendo con crudeltà” prima scaraventando il l’uomo sul pavimento, poi colpendolo con calci e schiaffi sulla schiena, sul torace, sui fianchi e sul volto.
Tra gli agenti coinvolti nel pestaggio anche il sovrintendente Domenico Coppi, già condannato a tre anni e sei mesi di reclusione in un processo che si è celebrato con rito abbreviato per tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso. Sempre in abbreviato è già stato condannato (con pena sospesa) a un anno e due mesi, per omessa denuncia, il medico dell’infermeria Gianluca Palumbo. L’agente Roberto Macchia, che pure aveva scelto l’abbreviato, è stato assolto dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio “perché il fatto non costituisce reato”.
Il pm: «Detenuto alla mercè degli agenti»
Nel corso di una requisitoria durata circa due ore e mezzo il procuratore aggiunto di Bari, Giuseppe Maralfa, ha sottolineato «l’estrema gravità della situazione che la polizia penitenziaria ha dovuto fronteggiare» la notte del 27 aprile 2022, dovendo spegnere l’incendio appiccato nel carcere di Bari dal 41enne detenuto psichiatrico ed evacuare l’intero piano. E ha evidenziato «le condotte di violenza grave e con crudeltà» tenute nei confronti del detenuto, sottoposto a un «trattamento inumano e degradante per la dignità della persona».
Le condotte degli agenti, ha rilevato Maralfa, «specchio di una speciale riprovevolezza» nei confronti della vittima, avrebbero fatto sì che il detenuto fosse lasciato «alla completa mercé dei suoi torturatori». Comportamenti che avrebbero rappresentato una «gravissima distorsione del dovere di custodia, trasformando» il carcere, «in un luogo di assenza di tutele, con demolizione e annientamento dello status di essere umano».
Gli agenti, ha detto ancora Maralfa, «avrebbero dovuto garantire diritti e tutele» ma si sarebbero resi protagonisti di forme di «sopraffazione fisica» definite «moralmente riprovevoli».
Il pm ha comunque sottolineato il comportamento «irriguardoso, violento, minaccioso, irrispettoso» del detenuto, la cui pericolosità era «nota».
Antigone: «Si assicuri giustizia»
«Come Antigone ci auguriamo che si arrivi ad assicurare giustizia rispetto alle presunte torture contestate ad alcuni agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Bari, per cui oggi il pubblico ministero ha chiesto diverse condanne. L’ipotesi accusatoria di tortura, originaria, al momento è confermata. Aspettiamo adesso, nel pieno rispetto delle sue prerogative, la decisione dell’autorità giudiziaria». A dichiararlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
«Nelle carceri non ci deve essere mai spazio per episodi di violenza e tortura. La legge in vigore sta aiutando a perseguire chi commette questo reato, dimostrando di essere fondamentale e per questo va difesa da tutte le forze democratiche che hanno a cuore lo stato di diritto. Il tutto – prosegue Gonnella – nella consapevolezza di quanto sia importante affidarsi a uno staff primo baluardo della legalità, così come è successo a Bari, dove molto si deve a direttrice e comandante che non si sono voltate dall’altra parte».