«La priorità era salvare vite umane. I lavori sono stati fatti in una situazione di emergenza e in grande fretta» perché «a inizio lockdown, a marzo 2020, avevamo l’urgenza di mettere subito in funzione i nuovi reparti di degenza e terapie intensive». Lo ha detto l’ex direttore generale dell’Agenzia regionale per lo sviluppo ecosostenibile del territorio (Asset) della Puglia, Elio Sannicandro, ascoltato come testimone della difesa nel processo che vede imputato l’imprenditore Donato Mottola per una presunta tangente da 20mila euro pagata all’ex dirigente della protezione civile, Mario Lerario, in cambio di appalti.
Per questa e per un’altra tangente da 10mila euro, Lerario è già stato condannato (in abbreviato) a 5 anni e 4 mesi di reclusione per corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio
Sannicandro, citato dagli avvocati Vito Belviso ed Elisa Mirabelli che difendono Mottola, è a sua volta indagato (e interdetto per 12 mesi) perché accusato di avere intascato da un altro imprenditore una tangente da 60mila euro per lavori legati al dissesto idrogeologico.
Nella sua testimonianza, l’ex direttore di Asset ha ricordato come i suoi compiti all’epoca fossero «di tipo tecnico» e «di coordinamento» tra il dipartimento Salute e la Protezione civile.
Sannicandro ha poi aggiunto come la direzione dei lavori e il Rup fossero invece compiti della Protezione civile. Tra i primi lavori da portare a termine all’epoca, ha sottolineato Sannicandro, c’erano i nuovi reparti di terapia intensiva da crearsi in container per gli ospedali “Perrino” di Brindisi e “Moscati” di Taranto.
«Data la grande urgenza – ha aggiunto – i lavori furono completati nel giro di 30-40 giorni. Non c’erano molte ditte in grado di realizzare opere di questo tipo, in Puglia ne furono consultate un paio», ha detto ancora Sannicandro. Quei lavori furono poi assegnati alla Dmeco di Mottola.